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Pioli primo obiettivo, poi Gilardino. Pradè ha sbagliato a non dimettersi. Dodò va via

Bucchioni pioli
Dal toto allenatore che si restringe sempre più, alle mancate dimissioni di Daniele Pradè: ma in casa Fiorentina Dodò potrebbe salutare...
Enzo Bucchioni Editorialista 

Vedere Pradè alla disperata ricerca di un allenatore è quasi curioso. È il responsabile di questo caos, avrebbe dovuto dimettersi anche lui subito dopo Palladino e invece è ancora al suo posto. Ne parlerò più avanti. Intanto siamo ancora qui a sfogliare la margherita, ad aspettare che qualche procuratore amico sforni qualche soluzione perché le idee sono poche e confuse. Un classico.

Pioli sempre prima scelta

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In pole position c’è sempre Stefano Pioli che assieme a Sarri ormai sfumato, mi è sempre sembrato il profilo giusto per uscire da questa ennesima male gestione. L’ho detto a caldo, mercoledì scorso alle sedici al Pentasport, meno di due ore dopo le prime indiscrezioni sull’addio di Palladino, che alla Fiorentina sarebbe servito un allenatore esperto e ho fatto due nomi: Sarri o Pioli. I social hanno ripreso il mio endorsment a Pioli, una novità perchè tutti pensavano volesse stare in Arabia a guadagnare un sacco di soldi. Non è così. Guarda caso, devono aver letto e il giorno dopo l’hanno chiamato davvero: sono contento per la qualità dell’uomo e del professionista. Magari tornasse a Firenze. I problemi però sono ancora tanti, dalla concorrenza di altre società dall’Atalanta alla Juventus, all’ingaggio. A Pioli non si possono offrire i circa due milioni che prendeva Palladino. E poi per tornare in Italia devono essere chiari gli obiettivi.

Come finirà?

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Oggi non lo sa nessuno, come nessuno può dire chi sarà davvero il prossimo allenatore viola. Da ieri è attenzionato anche Gilardino che però ha già un contatto con il Pisa che potrebbe chiudersi in fretta. Gli altri nomi sono in stand-by, da Baroni che ha l’unico difetto nell’essere fiorentino a Farioli che è bravo, ma in questo momento sarebbe difficile da proporre. Come De Rossi, attenzionato anche dal Toro.

La Fiorentina deve aspettare, come succede con i giocatori, anche con gli allenatori Pradè gioca in seconda battuta, aspetta Atalanta, Juve, ora probabilmente anche Inter senza Inzaghi. Un mini giro che potrebbe dare indicazioni. Non Tudor, ovviamente. Se vogliamo farci del male andiamo a prendere l’allenatore scartato dalla Juve…

Rimpianto Sarri

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Del resto del male la Fiorentina se l’è fatto non andando prima a chiarire e poi a prendere Sarri che avrebbe incarnato la mossa ideale del momento. Sarri è bravo in primis e in un secondo tempo avrebbe consentito di pacificare l’ambiente attorno a un vincente dal cuore viola come lui. Sarebbe bastato un colloquio per chiarire e spiegare a Commisso che nel gennaio di quattro anni fa non successe niente di strano o irreparabile, la rottura con Barone e Pradè fu solo su vicende tutto sommato banali. E poi, comunque, le cose si possono anche spiegare e risolvere. Sarri ha aspettato fino a sabato prima di chiudere con la Lazio, dalla Fiorentina nessun contatto. E’ chiaro che la società debba fare soltanto quello nel quale crede, ovvio, ma vista da fuori e calcisticamente ragionando, questa era una grande occasione. Comunque sarei felice se arrivasse Pioli, sono sicuro che darebbe una mano anche a una società oggi oggettivamente debole. In questi giorni ho sperato inutilmente che le dimissioni di Palladino servissero a ripartire su basi nuove e più coraggiose, purtroppo mi sembra il solito logoro trend.

Mancate dimissioni di Pradè

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Se davvero volesse bene alla Fiorentina come non perde occasione di dire, Daniele Pradè avrebbe dovuto dimettersi. La vicenda Palladino, e non è la prima, è grottesca e inquietante allo stesso modo. Un allenatore giovane che sbatte la porta in faccia e ridicolizza una società storica come la Fiorentina, il suo presidente e i suoi dirigenti è il fallimento di un progetto tecnico, ma anche di un anno di lavoro e di un investimento. Il responsabile dell’area tecnica, Daniele Pradè appunto, per dignità avrebbe dovuto dimettersi anche lui. E non lo dico perché la sua testa è stata chiesta dai tifosi, le grandi società ascoltano, ma non si fanno condizionare. Lo dico perché Daniele Pradè a Firenze ha fatto il suo tempo.

A parte non aver mai vinto niente e perso quattro finali in dieci anni e già questo basterebbe, nell’immaginario collettivo Pradè è il simbolo di questi tempi grigi, del vorrei ma non posso, dell’arrivare vicino al traguardo e non tagliarlo mai. I tifosi pensano a Pradè e automaticamente si dicono “non vinceremo mai nulla”. Questo succede al di là dei meriti e dei demeriti, i messaggi che passano sono importanti e vanno colti. Sei anni sono tanti, l’abitudine, la stanchezza, la noia, i gesti ripetuti, le stesse parole uccidono le ambizioni. Ripeto: al di là dei meriti. Servirebbero facce nuove, idee, quell’energia e quella voglia di fare che sembrano lontane dal Viola Park.

Il bivio

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Rocco non chiede le dimissioni e Pradè si guarda bene dal darle. Eppure i suoi grandi amici comunicatori straordinari con i quali ha lavorato (Costanzo, Tosatti e Sconcerti) dovrebbero avergli insegnato qualcosa. Erano anche amici miei…ma evito di raccontarlo. Aver avuto a che fare con loro non significa avere mutuato le loro qualità inarrivabili. Appunto. Ora Pradè o si dimostra capace di fare grandi cose, di portare un allenatore all’altezza e di fare una squadra di livello, o prevedo una stagione molto dura. Un altro direttore potrebbe lavorare meglio e con più serenità e, fra l’altro, non so se hanno detto a Rocco Commisso che in questo momento ce ne sono sul mercato alcuni niente male a cominciare da Massara. Pazienza.

Confidavo anche sul fatto che il presidente viola si fosse finalmente accorto che il calcio non è una famiglia, neppure il tradimento di Palladino “figlio suo”, l’ha smosso. Pradè è un manager apicale e dopo aver fatto mettere alla berlina il presidente come successo martedì e mercoledì scorsi, in una qualsiasi azienda avrebbe pagato immediatamente. Come ha fatto a non capire, a non intuire, a non annusare che Palladino avrebbe anche potuto dimettersi? Imperdonabile. Il patto di riservatezza non ci consentirà di sapere se Palladino per restare avesse chiesto la testa di Pradè, o un mercato diverso. Con chi ha litigato. Peccato. A me Palladino non è mai piaciuto, l’ho detto e scritto mille volte qui e non solo qui. Con un altro tecnico e questa squadra la Fiorentina poteva andare in Champions. Ora lo hanno scaricato brutalmente anche quelli che gli leccavano i piedi tutti i giorni e in tutte le conferenze stampa, che tristezza.

Su Pradè dico l’ultima. Da uomo di calcio si era accorto, come mi sono accorto io, che Palladino non era pronto. Se avesse avuto coraggio avrebbe dovuto imporsi con Rocco, l’esonero a gennaio probabilmente avrebbe fatto centrare gli obiettivi prefissi. Rocco gli ha detto no “qualcuno mi voleva far cacciare Palladino…”, e allora avrebbe dovuto dimettersi. Invece ha continuato e oggi vedere quel che è successo fa capire che clima c’era al Viola Park.

Ma il discorso coinvolge anche qualche giocatore non felicissimo e non in sintonia. Uno su tutti Dodò. Il rapporto è rotto, c’è un contratto e nel calcio tutto può succedere, ma per quel che mi hanno detto sarà molto difficile che resti a Firenze. L’ha rivelato ad amici, conoscenti e molte persone con le quali è in contatto a Firenze. Peccato, uno così sarà dura ritrovarlo.