Responsabilità
—Come diceva quello? Ci sarebbe da ridere, non ci fosse da piangere... Torniamo alle cose serie, però. E a quella domanda: e ora? Detto che certe prese di distanza potrebbero anche far pensare ad una possibile inversione a U, l'unica cosa da fare per una società seria sarebbe parlare pubblicamente e assumersi la responsabilità della scelta: “L'allenatore è Palladino, capiamo l'insoddisfazione dei tifosi ma noi siamo convinti del suo lavoro e faremo di tutto perché questa stagione sia un punto di partenza per provare a centrare gli obiettivi che abbiamo mancato quest'anno”. Punto. Né più, né meno. Accadrà? E chi lo sa. In quel caso, faremo i complimenti al club per la chiarezza di idee e ci metteremo in attesa di vedere che scelte verranno fatte sul mercato per dar corpo alle rassicurazioni. Altrimenti, davanti ad ulteriori silenzi, partiremmo nel peggiore dei modi (e mondi) possibili. Si vedrà.
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Vincere o giocare a pallone? Nessuna delle due
—Il mio pensiero è che una società non debba mai agire per il consenso ma, semmai, provare a conquistarselo. Altrimenti (vi ricorda qualcosa il nome Delio Rossi?) si rischiano disastri. Tradotto: non si deve cambiare perché la curva contesta. Ciò non significa però far finta che città, piazza e sentimenti non esistano. Al contrario. E fu proprio Daniele Pradè (arrivando a Firenze per il suo primo ciclo) a spiegarlo: “Firenze è abituata al bello e la squadra deve rispecchiare la città”. Giusto. Questo è un pubblico dal palato fine, molto esigente (anche troppo, anche se a nessuno piace sentirselo dire) e, quando guarda la Fiorentina, si vuol divertire. E nel calcio, si sa, ci sono due modi per divertirsi: vincere, o giocare a pallone. Per capirsi: si può accettare un gioco vecchio, bloccato, speculativo e difensivo solo e soltanto se porta a qualcosa di concreto. Per questo, Palladino, ha bucato la stagione. Perché ha scommesso tutto sul risultato, e non l'ha ottenuto. Che poi l'abbia fatto per convinzione o per necessità beh, dovrebbe essere lui a spiegarlo.
La ricetta
—Chiusura, ma siamo sempre sul tema, sui malumori della tifoseria. Legittimi, come sempre. Anche comprensibili visto che da anni qua pare sia impossibile crescere mentre il fiorentino si sente legittimato a puntare in altissimo. Lo ha sperimentato sulla sua pelle Montella (contestato dopo una sequela di quarti posti e una semifinale di Europa League), e ne è stato vittima e l'ha capito (troppo tardi) Italiano, ricoperto di melma nonostante abbia regalato bel calcio e portato in tre finali due squadre a dir tanto normali. Come se ne esce? Con competenza, scelte giuste, coraggio e, va da sé, difesa dei propri gioielli e qualche investimento. Follie? No. Del resto Atalanta, Bologna, Lazio, Napoli... ci sono riuscite. E se proprio non si riesce/vuole salire un po' più su almeno che si offra un bello spettacolo...
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