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Palladino appeso ad un filo sottile. Ora è certo: vittoria con il Lecce o addio

Palladino appeso ad un filo sottile. Ora è certo: vittoria con il Lecce o addio - immagine 1
Lo ha detto lo stesso tecnico viola: Commisso non si è fatto sentire dopo Verona. Ormai anche il presidente pensa ad un esonero in caso di mancata vittoria col Lecce
Enzo Bucchioni Editorialista 

Palladino è un uomo solo, lui dice di no, ma è appeso ad un filo sottile: per salvarsi deve battere il Lecce. Quello che si era un po’ annusato nel dopo-Verona è stato confermato proprio da tutto quello che è successo nelle ultime ore, dalle parole dell’allenatore e dalla conferenza stampa di mercoledì. Da solo, senza un dirigente accanto per dare forza alle sue parole, senza una frase ufficiale di sostegno della società, ma neppure fatta filtrare informalmente. Niente. Senza, soprattutto, una telefonata di Rocco Commisso, come ha candidamente rivelato lo stesso Palladino. Se nessuno si salva da solo, questa volta provarci tocca al giovane, inesperto allenatore della Fiorentina. E’ finito anche il supporto del presidente che l’ha salvato da chi l’avrebbe voluto esonerare dopo Verona, ma non andrà oltre. Ora il Lecce per Palladino è davvero l’ultima possibilità per salvare il salvabile e dimostrare di avere ancora in mano la squadra e la situazione. E’ facilmente immaginabile quello che hanno detto in questi giorni i manager viola all’allenatore: ti abbiamo fatto la squadra che volevi, ti abbiamo accontentato in tutto, ora tocca a te, devi portare i risultati. Stop. Ragionamento spietato, ma calcisticamente corretto. Chi capisce e interpreta il calcio oltre i risultati (e i dirigenti lo devono fare) non può non avere visto le debolezze e le fragilità di una squadra che dopo otto mesi di lavoro non ha ancora identità e personalità precise, strada facendo ha perso anche il carattere. E la buona stella si è eclissata, diciamo anche questo. Rocco Commisso non ha telefonato a Palladino: questo è il segnale inequivocabile. Anche il presidente comprensivo, protettivo e attaccato i suoi collaboratori come nessun altro, si è fatto prendere dal dubbio, ha visto o gli hanno fatto notare e lui ha condiviso cose che lo fanno dubitare sulla possibilità, continuando così, di salvare una stagione in bilico.

Basta con il 4-2-3-1, serve altro

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Sinceramente non so se Palladino riuscirà a battere il Lecce. Le sue parole non hanno convinto, le tesi calcistiche del “mi hanno cambiato la squadra” non stanno in piedi, tutto è drammaticamente uguale a quello sentito prima della trasferta a Verona. E la difesa è fragile come spiegare che la Fiorentina è ancora sesta. Intanto è stato dilapidato un forte vantaggio e poi Milan o Bologna possono superarla o appaiarla con il recupero, la Roma sta arrivando e nel girone di ritorno i viola sono solo quindicesimi, da zona retrocessione. Addirittura clamoroso è stato l’autogol di Palladino nel paragonare l’anno scorso a questo momento difficile. Lui ha un solo punto in più e magari Italiano avesse avuto questa squadra: gli bastavano Kean e De Gea per vincere una coppa e non solo. E poi il gioco c’era, la personalità pure. Questa è una squadra che sta pericolosamente scivolando fuori da tutto, prima dalla Coppa Italia, ora dal campionato con la Juve fuori dalla Champions, il ritorno di Milan e Roma, è come se Palladino non l’avesse capito. Arriverà la vittoria venerdì? Non lo so, il Lecce ha un buon impianto di gioco. Se davvero Palladino ha la squadra dalla sua c’è almeno da aspettarsi una grande reazione caratteriale dei giocatori. Almeno quella. Sul piano del gioco è difficile aspettare miracoli in pochi giorni. Ma oltre a vincere servono altri segnali incoraggianti, tipo non sbagliare formazione o la posizione dei giocatori, per capire se il percorso può riprendere davvero, a cominciare dalla difficile trasferta in Grecia fra un settimana. Una bella mano si aspetta anche dalla qualità dei nuovi. Per inserirli ci vuole tempo, si è giustificato l’allenatore. Ma non è così, o meglio è così quando le cose vanno bene. Nelle attuali difficoltà i nuovi dovevano essere una nuova energia se ci fossero state idee e il coraggio di andare oltre quel 4-2-3-1 che ha portato otto vittorie di fila, ma che oggi non ha senso con Folorunsho sull’esterno e la coppia Mandragora-Cataldi in mezzo. Ma non solo questo.


Un'area tecnica da cambiare

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Il problema è che non c’è gioco e senza gioco mancano le certezze. Mi sono permesso di far notare che con questi giocatori il modulo più equilibrato potrebbe essere il 3-5-2. Tanto per buttare lì un dibattito. A maggior ragione senza la forza solitaria di Moise Kean. Ma l’allenatore è Palladino, a me basta non vedere più una squadra con poco senso come quella vista a Verona e non solo. Palladino ha voluto Pablo Mari non credendo in Valentini (non si è accorto che è già pronto? Altro errore), perchè in difesa non riparte dal suo giocatore di riferimento affiancandogli Comuzzo o Pongracic e Ranieri? A proposito, della serie “non disturbate il manovratore”, nessuno ha chiesto come mai a Verona sia stato escluso Pongracic. I sospetti restano e molti indizi fanno una prova… Tornando alla formazione, in mezzo si potrebbe andare con Fagioli, Cataldi e Folorunsho (speriamo ce la faccia). Esterni Dodò e Gosens. Davanti non puoi lasciare da solo Beltran, ma neanche Zaniolo. Con i giusti meccanismi devono lavorare in coppia. Non so se recupera Adli, nel caso in mezzo si potrebbe anche giocare con un rombo. Ma non siamo mica a Coverciano, mi accontenterei del calcio “pane e salame” visto in autunno. Almeno quello funzionava. Se dovesse succedere quello che nessuno spera perchè vorrebbe dire che la Fiorentina è ripartita, se davvero dovesse saltare Palladino in buona sostanza, non vi faccio la rosa di nomi. Aspettiamo. Non c’è un prescelto, non è facile e nessuno viene per quattro mesi. Comunque, se fossi Rocco a fine stagione farei un bel cambiamento di tutta l’area tecnica e non solo dell’allenatore. Sono troppi anni che Pradè è a Firenze, serve una nuova energia, idee più moderne, sono d’accordo con Giovanni Galli. E poi quest’anno mi è piaciuto davvero poco nelle continue esternazioni, più o meno velate, contro Palladino. Dal “non è obbligatorio giocare a tre” di agosto in poi, le uscite sono state tante. Quando le cose non vanno bene le responsabilità non sono tutte e solo di uno, Palladino nel caso. Quando prendi un allenatore giovane e inesperto lo devi proteggere e accompagnare sotterraneamente nel suo percorso senza minarne pubblicamente la credibilità, evidenziando limite e difetti. Non è stata una bella idea. Ho la sensazione che si volesse continuamente dimostrare il buon lavoro fatto sul mercato (ed è vero) sottolineando i limiti dell’allenatore. Forse agli occhi di Rocco. Ma non si dovrebbe lavorare tutti di squadra e per la squadra? Già…