Tutte cose che lo hanno condizionato, è evidente. L’inizio è stato scioccante. Poi Palladino ha messo il suo entusiasmo, la sua energia e su questo è stato bravo. Ha capito che per tirarsi fuori da una situazione complicata l’unica strada da battere era quella del calcio semplice, palla lunga e pedalare, dritto per dritto con un gran portiere e un gran centroavanti. La scelta ha pagato, ma era chiaro che le otto vittorie, venute così, non avrebbero garantito tutta la stagione. Un futuro. Serviva qualcosa di più, maggiore personalità, più gioco, migliore organizzazione. E qui Palladino ha faticato. Troppe incertezze, partite non preparate bene e gestite ancora peggio, nonostante cinque innesti forti a gennaio. I numeri parlano chiaro. La Fiorentina è stata anche prima, a lungo in zona Champions. S’è fatta risucchiare fino all’ottavo posto.
Con i suoi tempi, con i suoi errori, ora però ci sembra che Palladino abbia trovato una strada nuova e valida, è passato al 3-5-2, ha scelto gli interpreti giusti, ha lavorato su concetti diversi e i progressi si sono visti. La Fiorentina ha pagato l’apprendistato di Palladino, questo è evidente. Con questa squadra di ottimo livello non ci dovrebbero essere i cinque punti di distacco dal Bologna e non dovrebbe avere davanti sette squadre. Qualcosa s’è perso per strada. Ma la ripartenza adesso è cominciata. Che fare allora? Bocciare o promuovere Palladino? Oggi non so rispondere. Mancano nove giornate al termine del campionato e per poter dire che l’apprendistato è finito, che Palladino è maturato in fretta, ha superato i momenti di difficoltà, servono conferme. Non può essere la debordante vittoria sulla Juve, quella è solo un fiore all’occhiello.
Nelle prossime settimane andrà valutata una ulteriore crescita del gioco, della personalità della squadra, del sapere essere squadra. Ma sarà importante anche vedere la gestione della rosa, l’utilizzo delle risorse, i cambi e le intuizioni. Crescere significa anche maggiore possibilità di fare risultati. Poi i dirigenti devono fare cose che noi non possiamo fare, vedere gli allenamenti, capire l’empatia o meno con il gruppo, valutare le idee, analizzare il lavoro quotidiano.
Se il finale di stagione sarà in crescendo e la gestione sicura, ovviamente con i risultati, e una squadra migliore, se la Fiorentina troverà continuità, vorrà dire che Palladino è cresciuto in fretta, ha colmato il gap dell’inesperienza e potrà continuare a crescere. Se viceversa e tocchiamo ferro, dovessero tornare le difficoltà contro le piccole, la scarsa capacità di fare gioco, i risultati altalenanti di gennaio e febbraio, qualche dubbio dovrà venire.
L’obiettivo di Rocco Commisso è l’Europa League, la classifica ci dice che ci sono sei squadre in sei punti, tutto è ancora aperto, anche per la volata Champions. Il destino di Palladino è nelle sue mani. Faccio fatica a pensare che se con questa squadra molto importante dovesse rimanere fuori da tutto, sarebbe l’allenatore viola anche l’anno prossimo. Senza dimenticare la Conference. I quarti sono facili, la semifinale probabilmente con il Betis Siviglia, alla portata. Ma il discorso è sempre lo stesso, solo se la vittoria sulla Juve è un nuovo inizio, possiamo aprire le vele al vento dell’ottimismo.
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