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La vera storia di Kessié e la Fiorentina. Pioli ha già capito tutto: Sottil chiude qui
Si discute da giorni su Kessié sì, Kessié no. Discussione inconcludente per chi è abituato alla concretezza. Chi non prenderebbe Kessié per la Fiorentina? Alzi la mano. Non vedo controindicazioni di sorta, ovviamente. La domanda vera è un’altra: può venire Kessié alla Fiorentina? E qui la discussione si arena come si sono arenate le possibilità di vedere l’ex milanista in maglia viola.
E allora perché se ne parla? Dirà qualcuno. Perché il mercato è fatto di intermediari e di procuratori che soffiano l’idea nelle orecchie di giornalisti di mercato, in genere amici, per vedere l’effetto che fa. Kessié vuol tornare in Italia, questa è l’unica cosa vera. E per accontentare il loro assistito i procuratori si sono mossi in varie direzioni. Buttano ami, come si dice. E a chi è stato proposto il giocatore per primo, ma almeno due settimane fa? A Pioli, naturalmente. Ma anche a Gasperini. Allenatori che lo hanno già avuto e ne conoscono le qualità. In assoluto Pioli lo prenderebbe domani, ma un’operazione del genere è complicata, ha risvolti difficili, anche se il giocatore che guadagna quattordici milioni è disposto a guadagnare meno, ma quanto meno? La Fiorentina sta investendo molto sul rinnovo di Kean, già certe cifre sono difficili da raggiungere per l’attaccante. Già c’è il contratto rinnovato a De Gea, il monte ingaggi è lievitato e sappiamo che non può superare il settantacinque per cento del fatturato.
Morale? L’operazione Kessié è una suggestione, qualcosa sulla quale discutere, ma senza farci troppo la bocca. Infatti il giocatore ieri è tornato in Arabia con la sua squadra, quell’Al-Ahli che continua a pagargli quattordici milioni l’anno. La verità vera è un’altra: la Fiorentina è solo alla finestra. Dopo avere dato a Pioli l’ottanta per cento della squadra base ora che restano da comprare tre pedine importanti, un difensore, un centrocampista e una seconda punta, non c’è furia e non si possono sbagliare giocatori determinanti. Fra l’altro prima di comprare dovranno uscire in tanti per abbattere il monte ingaggi e sfoltire la rosa, poi si stringerà sui nomi già monitorati come Sohm o Seba Esposito, ma anche altri.
Fra le uscite in programma ora mettiamoci anche Sottil, non convocato per le amichevoli inglesi. Bravo Pioli. Certe situazioni vanno prese di petto, il decisionismo paga sempre, la personalità dell’allenatore è emersa in tutta la sua grandezza. L’ho detto e ribadito più volte, mi dispiace per il ragazzo, ma dell’affare Sottil non se ne poteva più da troppo tempo. Soltanto un allenatore non pronto come Palladino, un anno fa, si poteva lasciare andare a entusiastiche dichiarazioni pro-Sottil. Soltanto un direttore sportivo come Pradè, due anni fa poteva affermare che “Sarà la stagione di Sottil”. Mi dispiace dirlo, ma Sottil non riesce a capire che le giocate fine a se stesse non fanno più parte del bagaglio di un calciatore di un certo livello e continua a giocare una partita tutta sua. Chi punta a un calcio organizzato, giocato in undici come Pioli, ma anche Conceicao al Milan non l’ha fatto quasi mai giocare, non ama i giocatori alla Sottil. Umiltà, sacrificio, calcio collettivo sono cose che non appartengono a Sottil. Inutile continuare a illudere e illudersi. Giusto dire le cose per tempo e chiudere una storia stucchevole e inconcludente. Auguro a Sottil di realizzarsi per le grandi doti tecniche che ha, ma deve cambiare aria e la sua idea di calcio. Un problema in più per Pradè che già fa fatica a piazzare suoi acquisti inutili come Brekalo o Nzola, Barak, ma anche altri. Chi vuole Sottil? Forse Baroni al Torino, ma vedremo. Gli esuberi vanno venduti, troppo facile prestarli per poi ritrovarseli fra un anno. Pioli, invece, ha convocato Sabiri. Credo lo abbia fatto perché il giocatore ha caratteristiche tecniche che mancano e che Pioli vuole, ma il suo posto toccherà a quella seconda punta che l’allenatore sta aspettando appena uscirà Beltran. Meglio però pensare a tutto quello di positivo visto nei primi quindici giorni di Pioli. Personalità e identità, una squadra che cresce, che vuole essere dominante. Si vede un’idea di calcio che l’anno scorso non c’è mai stata. Poi c’è da lavorare molto, ma si stanno mettendo basi ambiziose e la squadra si allena divertendosi, con obiettivi condivisi. Per essere in luglio non è poco.
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