Ci sono parole che valgono più di mille ipotesi o considerazioni. Possiamo stare a giornate intere a discutere di Moise Kean insomma ma alla fine, la realtà, è quella descritta da Rocco Commisso. “Speriamo che resti”, ha detto il presidente. Così è, se vi pare, e stavolta è davvero così. Decide il giocatore e la Fiorentina, anche informalmente, ha sempre fatto trapelare lo stesso messaggio. “Siamo schiavi di questa situazione”. Una cosa è certa: un anno fa è sono stati Moise e il suo agente (Alessandro Lucci, lo stesso di Dzeko) a voler inserire la clausola e basterebbe questo (purtroppo) per farsi un'idea abbastanza chiara di quali pensieri passassero e possano passare per la testa del ragazzo. Capisco che non faccia molto piacere dirselo, ma si ha l'impressione netta che per lui Firenze e la Fiorentina fossero un trampolino per provare a (ri)lanciarsi a grandissimi livelli. Niente di male, sia chiaro, e se non altro pur ripetendo spesso quanto stia bene (“ora finalmente torno a casa con il sorriso” cit) Kean non si è mai lanciato in chissà quale promessa o proclama.


L'imbucata
Kean aspetta e spera, la Fiorentina pure. Ottimo l’inizio, ma c’è un rischio
Le parole di Commisso
—Certo, almeno personalmente mi sarebbe piaciuto sentire qualcosa di diverso da Commisso. Qualcosa del tipo “io ho fatto e farò di tutto per tenerlo, per farlo sentire sempre più importante e per fargli capire che può ambire a certi palcoscenici anche stando con noi”. Questione di “postura”, approccio e, perché no, di forza da trasmettere un po' a tutti. Limitarsi a “sperare” invece, pur con la consapevolezza che la decisione sia nelle mani e nella testa altrui, non è proprio il massimo. Per tradurre tutto in fatti: perché non recapitare nelle mani di Moise e Lucci una proposta di rinnovo con adeguato ritocco dell'ingaggio? Mi si dirà che, magari, è già stato fatto. Perché non farlo sapere allora? Perché non far capire a tutti che davvero si avrebbe voglia di rilanciare? Ormai comunque, non resta che aspettare. Tra una settimana circa scatterà la finestra temporale in cui chi vuol potrà pagare la clausola e, per i 14 giorni successivi, ci sarà da ballare.
I primi arrivi con un rischio
Nel frattempo, dopo Dzeko, sta arrivando Fazzini. Ho già detto che mi piace parecchio e che, soprattutto, mi piace l'idea di costruire una Fiorentina sempre più italiana e di prospettiva. Per questo sarei particolarmente felice anche dell'eventuale arrivo di Sebastiano Esposito (i viola si sono mossi concretamente per lui, non per il fratello Francesco Pio) sempre che, lo dico molto chiaramente, non sia l'eventuale sostituto di Gudmundsson. E così veniamo ad un altro tema di strettissima attualità. L'ho detto, e lo ripeto: io avrei tirato fuori i 17 milioni e lo avrei riscattato. Perché ha qualità da top player e perché, per la Fiorentina, non sarà semplice trovare uno più forte di lui. La società invece sperava (e forse spera ancora) di rinnovare il prestito ma il Genoa, almeno per ora, non ne vuole sentir parlare. Strategia legittima, quella viola, anche alla luce del processo e di quanto successo in questa stagione. Il rischio però, un grandissimo rischio, è di “regalarlo” alla concorrenza e di vivere poi con un enorme rimpianto.
Inizio incoraggiante
—Gud a parte comunque, le prime mosse (concrete) di questo nuovo corso vanno salutate con soddisfazione: rinnovo di De Gea, gli arrivi di Dzeko e Fazzini, mentre per quanto riguarda Viti bisognerà vedere quale “versione” si presenterà a Firenze. Quello che aveva stupito tutti e che si era fatto rimpiangere quando era volato in Francia o quello, non esaltante, di quest'anno? Meglio comunque un ragazzo come lui (si torna sempre lì) che un Moreno o un Valentini. Un inizio abbastanza incoraggiante comunque, che lascia intravedere anche una filosofia condivisibile: giocatori di esperienza e possibilmente di grande personalità, più giovani di prospettiva possibilmente italiani. Molto però, praticamente tutto, deve ancora accadere. Basta pensare a quanto ci sarebbe da fare se Kean dovesse partire, e con lui Gudmundsson. In pratica, la Fiorentina, dovrebbe ripartire (quasi) da zero. Pazienza, quindi, senza farsi prendere da eccessivi entusiasmi o da premature disperazioni.
Forza 'Dove'
—Chiudo con due righe su Matteo Dovellini. Lo conosco da quando era quasi un bambino, ci lavoro insieme da anni, e non posso che essere felice per lui e per il suo nuovo incarico. L'importante, e sarebbe una novità per certi versi clamorosa visto il recente passato, è che chi l'ha voluto lo lasci anche libero di lavorare. Altrimenti, Dove o non Dove, fiorentini o non fiorentini, tutto resterebbe uguale. E non sarebbe una grande notizia...
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