Ci sono quelli che si divertono andando a ballare tutte le sere e quelli che il piacere lo provano ammirando uno spettacolo a teatro. Quelli o quelle che vogliono godersi la vita vivendo alla giornata e senza impegnarsi in chissà quale relazione duratura e quelli o quelle che, al contrario, trovano la piena consacrazione di sé nella stabilità e nelle sane abitudini quotidiane. C'è Senna, tanto per intendersi, e c'è Prost. C'è Doohan, e c'è Valentino. C'è Guardiola, e c'è Allegri. L'importante è sapere che nel calcio, come nella Formula Uno, nel motomondiale o nella vita ci sono tanti modi di vivere (o correre, o giocare) e vincere e che non ne hanno ancora inventato uno migliore degli altri. Altrimenti, sarebbe semplice. Basterebbe seguire quel modello, e via. Vittoria assicurata.
Invece no. Ci sono tante strade che possono condurre alla vittoria (o alla felicità) e ognuno è libero di seguire quella che preferisce. E così veniamo alla Fiorentina. Una squadra che sta toccando vette che parevano inimmaginabili e lo sta facendo seguendo un'idea molto precisa. L'ha detto ieri Dodò. “Pensiamo prima a difenderci” e, aggiungiamo noi, non c'è assolutamente niente di male. Anzi. Sono in molti a pensare che sia questo, in Italia, l'unico modo per togliersi soddisfazioni. Non è così, e basterebbe un minimo di onestà intellettuale per accorgersi che aver la miglior difesa o comunque avere ottimi numeri difensivi non sia per forza sinonimo di calcio difensivo o difensivista. Perché ci si può difendere tenendo il possesso palla (vedi Bologna dell'anno scorso o Napoli di Sarri) o, tanto per citare un'altra squadra iper offensiva, aggredendo sempre in avanti come il City di Guardiola.
Detto questo, è giusto tornare alla Fiorentina e alla sua nuova identità. Eccolo, il punto. L'identità. Oggi i viola sono iper riconoscibili ed è sempre questo l'elemento che contraddistingue il lavoro di un allenatore. Accadeva con Italiano e, seppur con una filosofia completamente diversa, accade oggi con Palladino: prima ancora che inizia una partita, sai esattamente cosa aspettarti. Il primo obiettivo insomma, il mister l'ha raggiunto e per questo merita grandi complimenti. Non solo. Lo ha raggiunto tornando indietro rispetto alle sue convinzioni iniziali e questo gli fa ulteriormente onore. Bravissimo lui quindi, bravissimo chi gli ha messo a disposizione questa squadra e, ovviamente, bravissimi i calciatori.
E così veniamo al nodo della questione, e ai tanti “finalmente una squadra che difende e che bada al sodo”. Ma davvero si pensa che sarebbe stato possibile giocare così, e ottenere gli stessi risultati, con le squadre degli ultimi due anni e mezzo? Davvero non si capisce che ogni idea deve essere modellata sul materiale che si ha in mano? Tanto per intendersi: si può difendere bassi e concedere qualche conclusione in più agli avversari perché in porta c'è De Gea, così come lo faceva Allegri alla Juve perché aveva Buffon, Barzagli, Bonucci e Chiellini. Si può saltare il centrocampo e cercare la punta con lanci lunghi se la punta è Kean (o Vlahovic) e, da solo, occupa tutto l'arco offensivo e impegna intere difese. Si può andare in verticale se là davanti c'è un giocatore del genere (o la Fiorentina a Genova, senza Kean, è andata parecchio dritto per dritto?) altrimenti, è dura. Si può vincere tirando una porta in porta se il centravanti, quel tiro, lo mette dentro.
Cosa voglio dire? Esattamente quello da cui siamo partiti. Che non esiste un solo modo per vivere o per giocare. Ce ne sono diversi e l'abilità di un sarto, e quindi di un allenatore, è quello di saper scegliere l'abito migliore per i propri modelli. Palladino lo ha fatto e dire che può permettersi questo tipo di calcio perché ha giocatori forti, cinici, maturi e affamati non è un modo per sminuirlo. Al contrario. E' un modo per sottolinearne l'intelligenza.
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