A proposito di squadra. Il terzo pensiero lo mandiamo a Danilo Cataldi. Senza voler esagerare, e senza lanciarsi in paroloni magari inappropriati o esagerati, ma quello che ha fatto ieri sul campo vale il più grande applauso che gli sia mai stato fatto. Perché è rimasto lucido, pur nella paura, ed è stato il primo a intervenire evitando che la lingua soffocasse Edoardo. Un gesto, e tremano le mani a scriverlo, che può valere una vita. E poi come lo ha accompagnato, mentre in barella lo portavano verso l'ambulanza. Non lo ha mollato un attimo e, a un certo punto, è parso quasi urlargli qualcosa. Come se, prima che partisse per Careggi, volesse mandargli, a nome di tutti i compagni e di tutti quelli che erano allo stadio, l'ultimo grido d'incoraggiamento.
Ovviamente, il pensiero va poi allargato a tutti i ragazzi viola e a tutta la società. A uno come il capitano, che ancora una volta ha visto un proprio fratello ritrovarsi a dover lottare con qualcosa di enorme dopo averne perso uno soltanto pochi anni fa. Non si meritava, Biraghi, di vivere un altro momento del genere. E non lo meritava Pradè. Un altro, che per la terza volta si ritrova a dover mettere da parte il calcio, per fare i conti con qualcosa di molto più grande. Già. Perché soltanto pochi mesi fa c'è stata pure la scomparsa di Joe Barone. Lui, come Davide, spentosi in una camera d'albergo. Insomma, a tutta la Fiorentina, e in particolare a chi aveva già vissuto momenti che nessuno dovrebbe vivere (figuriamoci due, tre volte) una pacca e una carezza piene di tutto l'amore possibile.
Per fortuna, le prime notizie che sono arrivate e che arrivano da Careggi sembrano scongiurare gli scenari peggiori. In questi casi però, ci vuole enorme cautela e la massima attenzione. Da parte di chi lo cura ovviamente (e per fortuna Edoardo è nelle mani migliori possibili, in un ospedale all'avanguardia in Italia e nel mondo) e, soprattutto, da parte nostra. E così torniamo al punto di partenza. E alle uniche parole che contano davvero. “Forza Edoardo. Firenze è con te”
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