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TESTA CONTRO CUORE

Dzeko vale un’eccezione, Immobile no. Pioli-Pradè, rapporto che può fare la differenza

Dzeko
Il duello tra logica e passione sul centravanti bosniaco e una riflessione sulla sintonia tra tecnico e dirigenza
Matteo Magrini

Lo ammetto: su Edin Dzeko sono in difficoltà. Perché da un lato mi verrebbe da dire che non si può (vista l'oggettiva difficoltà nel dover gestire il fair play finanziario) fare un investimento del genere sull'ingaggio (circa 2 milioni netti per un paio di stagioni) per un “ragazzo” che si avvia ai 40. Meglio sarebbe, per un club come la Fiorentina e comunque per una qualsiasi società che abbia un minimo di programmazione in testa, dirottare quel tipo di stipendio su un giovane forte o, comunque, su un giocatore sul quale si possa fare almeno un'ipotesi di investimento a medio/lungo termine. Non solo. Visti i paletti (il monte stipendi non può superare il 70% del fatturato) davvero si vuol spendere quella cifra per una “riserva”? Di super lusso, ovvio, ma pur sempre riserva. Dubbi leciti, se si fa un ragionamento il più possibile lucido e razionale.

Il calcio però, e così vengo a quell'ammissione da cui son partito, non è solo calcolo e analisi dei freddi numeri. Anzi. Il calcio è o dovrebbe essere anche (o soprattutto?) passione e io, per Dzeko, ho da sempre un “amore” profondo. E', per intendersi, il tipo di centravanti che vorrei nella mia squadra ideale se fossi un allenatore. Piedi da trequartista, cervello da centrocampista, visione da play, forza fisica e capacità di trovare la porta da 9. Un giocatorone, tanto bello da vedere quanto efficace. Uno che in una stagione può fare 15 gol e 10 assist così, come fosse la roba più semplice del mondo. Per questo insomma, considerando quanto scritto prima, sono in difficoltà. Il cervello direbbe “meglio di no” mentre il cuore, con tutto se stesso, batte per il “magari”. Anche perché, tecnicamente, sarebbe esattamente quello che serve alla Fiorentina: saprebbe giocare da punto di riferimento in assenza di Kean, ma potrebbe benissimo fargli da spalla.

Dzeko sì, Immobile no

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Si vedrà. Di certo c'è che Daniele Pradè ci sta provando anche se pure il diesse si porta dietro qualche dubbio sui numeri. Ancora qualche ora di attesa comunque, e si saprà. Qual che appare abbastanza evidente è che Sartori (anche per essersi preso lui per primo qualche giorno di riflessione) non ha più il vantaggio accumulato e che Edin e famiglia considerano Firenze e la Fiorentina una soluzione migliore rispetto a Bologna. Ecco. Una cosa, in attesa di vedere come andrà a finire, mi sento di dirmela: per Dzeko va bene anche metter da parte logica, programmazione e visione. Per Immobile, sinceramente, no. Allora si, se non si dovesse arrivare al bosniaco, che sarebbe meglio cercare un giovane. Con una consapevolezza: di centravanti bravi ce ne sono pochi e trovarne uno affidabile, o davvero promettente, che accetti di venire a fare la panchina in viola è missione complicatissima. Non a caso, questo, è uno scoglio sul quale si è andati a sbattere spesso. E non serve citare Bonazzoli, Castillo, Vieri e compagnia varia per capire di cosa sto parlando.

Programmare con Pioli

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Il vice Kean comunque sarà molto probabilmente il primo acquisto e, nel frattempo, verrà definita anche la questione Gudmundsson col Genoa. Situazione delicata, ma sulla quale mi sono già espresso: capisco dubbi e perplessità sul carattere, sull'atteggiamento tenuto quest'anno e, soprattutto, sulla vicenda processuale, ma io non posso arrendermi a lasciar andare un talento così senza averlo mai (e dico, mai) messo nelle condizioni ideali per esprimersi. E poi, visto che si parlava di soldi e programmazione, ma si possono buttare nel cestino 8 milioni per un anno di prestito? A rassicurarmi c'è il fatto che tra Stefano Pioli e la dirigenza i colloqui siano quotidiani e che ci sia la voglia di accontentare il tecnico. Una call dietro l'altra, aspettando con impazienza che i confronti possano avvenire di persona, ma chi ha parlato col mister lo descrive come entusiasta, super motivato e con le idee molto ma molto chiare. Pochi fronzoli, e concetti molto precisi espressi a chi, sul mercato, dovrà costruire la squadra. Anche per questo, in un momento del genere, si è scelto di andare su un tecnico del genere. Per avere certezze, costruendo con lui un rapporto e una dialettica costruttiva. Ed ogni riferimento a chi ha appena salutato non è puramente casuale.