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Celeste per sempre

Enzo Bucchioni Editorialista 
Un uomo pieno di qualità non facili da trovare in questo mondo difficile e complesso. Nel calcio poi…

Non ho voglia di scrivere di calcio e mi perdonerete. Sono due giorni che la mente vaga per le sue strade e poi ritorna sempre lì, a quel qualcosa di inaccettabile, a quel fatto, a quel ragazzo educato e gentile, a quell’uomo perbene.

Si chiamava Celeste e forse nel suo nome c’era già tutto, la trasparenza, la positività, il sorriso. L’orizzonte di quei giorni quando nell’aria c’è la luce giusta.

L’unico Celeste del calcio italiano” cominciai così, banalmente, l’articolo che sulla “Nazione” presentava al Popolo Viola quel giovane difensore appena arrivato dal Perugia.

Era il luglio del 1982, lui aveva ventuno anni. Era il luglio del 1982 e quella era la Fiorentina di Passarella e Bertoni, ovviamente di Antognoni, Graziani e Pecci, ma quarantatré anni dopo, di quel ritiro al Ciocco ricordo perfettamente l’incontro con Celeste Pin.

Celeste era una persona buona e disponibile prima che un giocatore e l’ho capito subito. E’ rimasto sempre così e quando capitava di incontrarlo era sempre come quel giorno. Lo stesso sorriso, la stessa gioia, la stessa energia.

Quando si spegne la luce in persone come Celeste è ancora più difficile capire il perché. E sicuramente comprenderete se non ho voglia di parlare di calcio. Di fronte al mistero, all’ignoto, all’incredibile, di fronte a una vita che va via così, tutto il resto acquista un valore diverso e relativo. Lo so che per Celeste il calcio è stata la sua vita, come lo è stata per me in maniera diversa, ne parlavamo assieme non più tardi di una settimana fa, ne parleremmo per sempre se potessimo, ma oggi la testa non si muove da quel pensiero e da tutti quei perchè senza risposta che mi rendono fragile. Penso, credo, sia capitata anche a voi quella voglia di riflettere per dare un senso alle cose senza riuscite a trovarlo. Qualcuno l’ha chiamato il labirinto della mente.

Celeste, ma perché?

Non lo sapremo mai, continueremo a chiedercelo. I calciatori, gli sportivi, certi personaggi, nell’immaginario collettivo sono poi come eroi invincibili, riscoprirli così tremendamente umani fa quasi paura. Il confine fra la vita e la morte è sottilissimo e purtroppo situazioni come questa ce lo ricordano brutalmente. Ce lo sbattono in faccia.

Ecco perché questi sono i giorni delle riflessioni e dei ricordi.

E qui il ricordo si fa dolce perché raccontiamo un personaggio, ma prima di tutto un uomo pieno di qualità non facili da trovare in questo mondo difficile e complesso. Nel calcio poi…

Celeste era Celeste. Penso che la forza dimostrata in campo lo abbia accompagnato per tutta la vita, ci vuole una grande forza per essere persone perbene fino in fondo.

C’entrano l’educazione, l’indole, i valori. Certi valori che una volta erano anche nel calcio quando i calciatori erano delle persone normali che giocavano a pallone e il calcio era uno sport. Non è per inutile nostalgia di un tempo che non tornerà, il mondo cambia in continuazione, ma tutte le volte che perdiamo persone come Celeste Pin che quei valori li conosceva bene, dobbiamo sentirci più poveri e più soli.

Quello che è stato da calciatore con la maglia viola lo sappiamo tutti, da capitano è stato un esempio, per la Fiorentina è un pezzo di storia. Celeste resterà per sempre un compagno di viaggio, il suo esempio una bussola.

A tutte le persone che gli volevano bene, familiari in testa, un grande abbraccio le scalderà.