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L'imbucata

Allenatore confuso, squadra nel panico: più in basso di così si scava. “Salirò?”

Palladino, Adli
Analisi del momento viola dopo la brutta prestazione fornita ieri contro il Torino
Matteo Magrini

Lo cantava Daniele Silvestri e la speranza è che, prima o poi, la Fiorentina segua alla lettera tutto il testo, non solo una parte. Perché è vero che “più in basso di così c'è solo da scavare” (e i viola di questo ritmo si ritroveranno sul centrale di Melbourne, o giù di lì, ad assistere ad un match di Sinner) ma quella canzone s'intitola “Salirò” e la speranza, tanto per tornare alle (tristi) faccende di casa nostra, è che anche questa squadra riesce a tirarsi su. Certo, per trovare un pizzico di ottimismo dopo quanto visto col Torino, servirebbe una di quelle lampade di CSI. Avete presente, no? Quelle che si usano al buio, e che scovano qualsiasi, piccolissima traccia.

Infierire no, ma...

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Proviamo a scherzarci (un po') su anche se sappiamo bene quanto il calcio e la Fiorentina, a Firenze, siano cosa seria. Parecchio seria. Del resto, infierire adesso sarebbe fin troppo facile. Probabilmente sbagliato. Anzi. Sicuramente sbagliato. Perché, caro mister, di persone (serie) che per fare qualche click in più non aspettano altro che le cose vadano male per poter scrivere male non ce ne sono. E sia chiaro. Qua non ci sono nemmeno stolti, ingenui o alieni che non sanno come funziona (ahi noi) la comunicazione nel mondo di oggi. Qualche titolo viene esasperato? Sicuramente sì. Certi concetti vengono forzati? Come no. Funziona (purtroppo) così ma se si vuole andare oltre, e rimanere immuni a questo andazzo, lo si può fare. E' molto semplice: basta leggere e/o ascoltare. Fare un piccolissimo sforzo, “perdere” cinque minuti in più e farsi, quindi, un'idea molto più precisa di come funzioni la critica (seria) e costruttiva.


Tutto questo per dire, appunto, che qua nessuno gode sulle disgrazie viola e dovrebbe essere fin troppo semplice capire il perché. Un esempio, il più terra terra possibile: visto che per lavoro dobbiamo guardare tutte (ma proprio tutte) le partite della Fiorentina, avremmo piacere di assistere ad uno spettacolo gradevole. E poi l'Europa, l'interesse che cresce, la possibilità (per tutti) di confrontarsi su palcoscenici sempre più importanti. Il rischio invece, e così torniamo alla strettissima attualità, è di ritrovarsi nel nulla. Incredibile (sicuri.....?) ripensando alla serie magica delle otto vittorie di fila. Basta guardare la classifica: dalla piena zona Champions, dal primo posto virtuale (già, ad un certo punto poteva succedere anche quello) ad un sesto posto (in teoria piazzamento sicuramente positivo) che più precario non si può.

Palladino bifronte come Giano

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Dobbiamo guardare il bicchiere mezzo pieno, perché siamo assolutamente in linea con quello che volevamo fare”, ha detto Palladino dopo la figuraccia (perché di questo si è trattato) rimediata col Torino. Ecco. Voglio soffermarmi un attimo su quella conferenza post partita perché mi pare lo specchio della (profonda) confusione in cui è caduto l'allenatore. Uno che fin dal giorno del suo arrivo davanti ai microfoni è stato quasi sempre perfetto e tremendamente efficace e che oggi, al contrario, infila frasi difficilmente spiegabili una dietro l'altra. Del “bicchiere mezzo pieno” abbiam detto. E poi ancora. L'errore sul gol non è di Comuzzo. E' un errore individuale di squadra”. Roba che Conte Mascetti scansate... Oppure: “Ho chiesto io di non alzare troppo la pressione perché sapevamo che Milinkovic-Savic con i rinvii lunghi poteva metterci in difficoltà. Il secondo tempo? Dovevamo pressare di più”. E qua ci fermiamo perché (appunto) non ci va di girare il coltello nella piaga.

Certo, quella confusione non è altro che specchio di quella che si vede sul campo. Quella che “premia” il migliore (o meno peggio) delle ultime settimane (Sottil) per non rinunciare a Colpani e/o ai tre uomini dietro alla punta. Quella che fa sostituire Gudmundsson e non (tocca insistere) l'ex Monza salvo poi, roba inspiegabile, toglierlo al 90' con l'unico (scontato) risultato di farlo uscire sotto una valanga di fischi. A qualcuno può sembrare un dettaglio, ma non lo è. Perché un allenatore deve pensare a tutto e anzi, in un momento come questo (dove gli equilibri di gruppo e di spogliatoio appaiono di cristallo) certi aspetti son forse più importanti di quelli tecnici o tattici.

La testa dei calciatori

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A proposito. Dice il tecnico che dopo Monza ha “lavorato tantissimo sulla testa” e se questi sono i risultati (un gruppo in preda al panico) c'è da preoccuparsi. E vogliamo parlare di quello che aveva detto il diesse Pradè? “D'ora in poi si cambia regime, si arriva al Viola Park la mattina presto e si esce la sera tardi”. Magari, per andare alla Milano Fashion Week per improvvisarsi modelli. Vero Kean? E' successo venerdì e sia ben chiaro, non mi vedrete ne sentirete mai far la morale a nessuno. Non sono, per intendersi, di quelli che “dopo lo sconfitte si devono rinchiudere in casa” o “tutti in ritiro” né per le punizioni alla Conte in stile allenamenti punitivi all'alba. In certi momenti però, e soprattutto se la società si espone in un certo modo, bisognerebbe avere un minimo di attenzione. Il rischio altrimenti (tra l'altro Moise il suo, un gol, l'ha comunque fatto) è che si abbia l'impressione (per non dire la certezza) che il pallone, e quello che sta accadendo, non sia al centro dei pensieri.

Tutto il resto, era abbastanza prevedibile. Diciamo che nel momento buono certi difetti venivano mascherati e che adesso invece, nella difficoltà, si moltiplicano. Di certo, se “educhi” una squadra alla prudenza, alla conservazione, al primo non prenderle, non puoi sperare che davanti alle difficoltà i tuoi giocatori si trasformino nell'Ajax di Cruijff o nel Milan di Sacchi. Più facile, vedi partita col Torino, che sull'1-0, e con un uomo in più, che abbiano come primo pensiero la difesa o, per esser generosi, la gestione del vantaggio. La prudenza insomma è diventata paura, con inquietanti sintomi di vero e proprio panico. E se la prima in certe situazioni ti fa evitare inutili pericoli il secondo ti annebbia i pensieri e non può che portarti disgrazie.

Fatti non parole

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Resta da capire che fare per venirne fuori e per non buttare via una stagione (questo sì, non va dimenticato) nella quale la Fiorentina può ancora scrivere pagine belle. Da una parte c'è la società, che deve (se ha ambizione) fare di tutto per rinforzare la rosa ma, ancor prima, deve intervenire (non necessariamente a parole, ma con forza, nel chiuso del Viola Park) per dare una sveglia a tutti. Dall'altra ci sono allenatore e giocatori. Tocca a loro, per primi. Se c'è qualcosa che non va, che se lo dicano. Se i ragazzi non capiscono cosa gli chiede il mister, che ci si venga incontro a vicenda per risolvere questo eventuale difetto di comunicazione. Se si rema (davvero) tutti nella stessa direzione, c'è ancora tutto lo spazio per rimediare. Le parole però, per quanto belle, non bastano più.

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