In collegamento da New York, Rocco Commisso parlerà in conferenza stampa a tutta Firenze, insieme a Pradè e Ferrari: c'è grande attesa per le sue parole
Rocco Commisso ha un qualcosa di Napoleone che preferiva i generali fortunati a quelli bravi e (con il sorriso sulle labbra) la conferma di Palladino si può leggere anche così. Nell’ultima giornata a Udine e a Roma in contemporanea, fortunatamente appunto, sono successe cose impensabili, da un’espulsione inventata che ha costretto l’Udinese in vantaggio a giocare più di 50' in dieci, al gol di Kean su un’altra deviazione dopo le due col Bologna di Parisi, per chiudere con una Lazio in superiorità numerica, paralizzata, che sembrava non voler segnare al Lecce. La fortuna è un tema, dalla serata estiva con il Puskas in poi, diciamo che la sfiga è stata nettamente battuta per tutta la stagione. Meglio così. Anch’io preferisco gli allenatori fortunati. Ricordate quando si parlava del Cul de Sac a proposito di Arrigo Sacchi? Bene. E allora vi dico subito che la conquista della Conference che davvero ritenevo impossibile, va comunque salutata con positività. Non mi interessa come è arrivata, incredibilmente appunto, ma l’importante è che sia arrivata. E’ vero, è la terza delle coppe, ma è pur sempre un modo per valorizzare il brand e stare in Europa per quattro anni di fila è comunque un valore. Speriamo che sia l’ultima Conference, speriamo che l’anno prossimo si punti decisamente all’Europa League, ma questo è un altro discorso. Martedì pomeriggio alle 18 dagli Usa parlerà Rocco Commisso e sapremo direttamente da lui quali saranno gli obiettivi per la prossima stagione che coincide con il Centenario. L’ambizione resterà alta e su questo sono pronto a scommettere. E la vittoria della prossima Conference dovrà essere un obiettivo da non fallire davvero, visto che la squadra più forte in lizza è il Nottingham Forrest di Milenkovic. Stavolta si deve vincere e basta. Intanto, in attesa delle parole del presidente Commisso, la stagione appena finita non mi ha convinto. L’ho detto e lo ripeto ora, a bocce ferme, quando i voltagabbana sono già in azione. Questa Fiorentina era forte, doveva fare molto di più in tutte e tre le competizioni. In un campionato anomalo, con lo scudetto a 82 punti, un livellamento totale, Milan in crisi, Juve in evidente difficoltà, pure l’Inter ha fatto tredici punti meno dell’anno scorso, il Bologna che da un mese non gioca in campionato per la sua Coppa Italia, la Viola poteva e doveva restare in corsa per la Champions fino all’ultimo. Solo cinque punti in più rispetto all’anno scorso, con Kean e De Gea e una rosa di qualità alta in tutti i reparti, confermano che il livello non è stato alzato.
Il perché della conferma del tecnico
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Palladino ha fatto gruppo, dato carattere, ha messo qualche giocatore nelle condizioni per dare tutto, ma ha pure dimostrato tutti i limiti dell’inesperienza, nel leggere le partite, ma anche nel proporre un calcio passivo che si affida ai singoli più che al gioco. Sono state rare le gare belle, giocate dalla Fiorentina con personalità e identità. La stagione è in gran parte figlia di un campionato strepitoso di Kean che ha vinto tante partite da solo, ma anche delle altrettanto strepitose parate di De Gea. Non l’avrei confermato, l’ho detto e ridetto. Ma per fortuna non sono il presidente della Fiorentina. Per fare quel salto subito che il Popolo Viola si aspetta e l’ha detto chiaramente con numerosi striscioni di contestazione a Pradè e Palladino, avrei messo in mano la squadra a un allenatore di livello superiore, uno che ha già vinto e sa come si fa. Guardate cosa è successo al Napoli con Conte. I nomi da fare sarebbero tanti, da Sarri in giù. La riflessione in società ha invece portato alla convinzione che comunque questo allenatore si è fatto le ossa e adesso è pronto per crescere. Commisso l’ha sempre pensata così, qualche settimana fa a sorpresa per ammissione dello stesso allenatore, ha prolungato il contratto a Palladino e i ripensamenti sono stati rimandati al mittente. Credo che in Rocco prevalga l’aspetto personale su quello calcistico. Non penso gli siano piaciute tante delle partite della Fiorentina, il calcio lo vede, ma si affeziona a chi lavora con lui, quando sceglie qualcuno lo difende fino in fondo e va avanti. E’ successo anche questa volta. Adesso una sola cosa è importante: che in società ne siano tutti convinti. In questa stagione frequenti esternazioni, parole spese a destra e a manca, hanno dato la sensazione che Pradè non sempre sia stato in sintonia con l’allenatore. Poi è stato detto che era un modo per stimolare, d’accordo, ma l’ultima riflessione l’ha chiesta proprio il direttore tecnico dopo Venezia.