Gambe piene infermeria vuota. I meriti dello staff viola

Sarà pur vero che due indizi in genere non fanno una prova ma qua si parla di calcio e quanto successo tra questa e la passata stagione bastano e avanzano per arrivare a sentenza. Due annate nelle quali la Fiorentina ha giocato quanto nessuno, superando abbondantemente le 100 partite e portando in fondo praticamente tutte le competizioni alle quali ha preso parte. Due finali lo scorso anno più qualificazione alla Conference un anno fa; semifinale di Coppa Italia, finale di Conference e, comunque vada, corsa all'Europa attraverso il campionato tenuta aperta fino alla fine anche in questo 2023/2024. E chissà. Magari, prima o poi, ci si renderà conto di quanto alto sia il valore di questo cammino.

La condizione fisica

Direte voi. Rieccolo col solito pezzo su quanto è bravo Vincenzo Italiano, su quanto abbia rappresentato un valore aggiunto e su quanto sia stato capace di portare la squadra oltre i propri limiti. E invece, stavolta, vi stupirò. Oggi infatti voglio concentrarmi su un aspetto che è emerso in tutta la sua evidenza nelle ultime settimane e che avevamo già visto anche dodici mesi fa. Il riferimento è alla condizione fisica della squadra, arrivata con le “gambe piene” proprio nel momento decisivo. Il parametro, va da sé, non è e non può essere il massimo livello di forma raggiungibile. Sarebbe impossibile infatti, considerando la quantità di sforzi sostenuti, presentarsi a metà maggio al 100%.

Il confronto va fatto con le altre squadre e in queste partite i viola ne hanno avuto (quasi) sempre di più rispetto all'avversaria di turno. E' successo nel doppio confronto col Viktoria Plzen, con la Salernitana, nelle due sfide col Bruges e nel match con il Monza. Gare, guarda caso, che la Fiorentina ha risolto spesso in rimonta o nei finali.

Questo significa che in questi due anni è stato fatto un lavoro straordinario anche sul piano fisico, della gestione delle forze, della prevenzione e del recupero dagli infortuni. E se Italiano è colui al quale va riconosciuto per esempio il merito di aver voluto coinvolgere sempre e comunque l'intera rosa a disposizione (portando avanti rotazioni continue, fin dalle primissime partite) così come quello di aver studiato un metodo scientifico e più che efficace per preparare una partita ogni tre giorni, sarebbe un grave errore non considerare l'enorme contributo del suo staff e di tutti quelli che all'interno del Viola Park (struttura, anche questa, fondamentale per la qualità del lavoro) passano intere giornate dedicandosi solo e soltanto alla Fiorentina.

Lo staff al completo

Parliamo di Daniel Niccolini (vice allenatore), Piero Campo, Mirko Balestracci, Ivano Tito e Damir Blokar (preparatori atletici), Marco Turati e Stefano Firicano (collaboratori tecnici), Paolo Riela (match analyst) e tutto il comparto medico: il dottor Pengue, Giovanni Serni, Stefano Dainelli, Niccolò Gori, Simone Michelassi, Andrea Giusti, Simone Mazzei, Filippo Nannelli, David Petrangeli, il nutrizionista Cristian Petri. Una squadra che ovviamente non ha mai lasciato nulla al caso e che studiando e aggiornandosi, giorno dopo giorno, ha superato le iniziali e inevitabili difficoltà nella gestione del triplo impegno (campionato, Coppa Italia, Conference) e ha messo la Fiorentina nelle condizioni di giocarsela sempre, e su tutti i fronti, fino alla fine.

Non se ne parla (quasi) mai e per questo, prima che alcuni di loro insieme al mister chiudano la loro esperienza in viola (sperando che lo facciano portando a Firenze un trofeo che manca da più di 20 anni) ci è sembrato giusto riconoscergli i giusti meriti.

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