La fase difensiva
—Si parla tanto della fase difensiva, per esempio. Parliamone, ok. Ma facciamolo con buon senso e (soprattutto) cognizione di causa. Prendiamo la gara col Genk. Quanti tiri ha concesso la Fiorentina? Tre. Quanti su azione? Uno. Quanti gol ha preso? Due. E vogliamo parlare del 2-2 col Lecce? Due conclusioni concesse, e due reti. Anche col Genoa, alla prima giornata, stesso discorso: un tiro, un gol. La traduzione sembra (abbastanza) semplice. I viola difendono bene (non a caso l’anno scorso soltanto il Napoli, in serie A, ha concesso meno) ma commettono tanti, troppi errori individuali. Quelli che, da che calcio è calcio, portano con sé i pericoli maggiori. E poi, inutile girarci tanto attorno, c’è la questione portiere. E qua vale la pena soffermarsi un attimo sulle scelte fatte negli ultimi anni, Christensen compreso. Ora, detto che è troppo presto per dare giudizi e che sarebbe sbagliato arrivare (già) a sentenza, le prime impressioni non sono esattamente esaltanti. La sensazione insomma, è che si sia davanti ad un altro giocatore che, rispetto a Terracciano, non sposta granché. Eppure, chi conosce questo giochino, dovrebbe sapere che proprio quando si ha una squadra capace di concedere serve un grande numero uno. Perché per farsi trovare pronti quando si è chiamati poco in causa bisogna essere forti. Parecchio forti.
La gestione delle partite
—E poi c’è la questione della gestione della partite e, in particolare, dei minuti finali. Fa sorridere pensare alle critiche arrivate a Italiano dopo il 2-2 in Belgio perché, in molti, hanno accusato l’allenatore di aver sbagliato atteggiamento nel finale, quando la squadra (all’improvviso) ha abbassato il baricentro. E chissà. Magari son gli stessi che per mesi hanno attaccato il mister perché cerca sempre e comunque di spingere la squadra nella metà campo avversaria, anche quando si trova in vantaggio. La realtà è che “portarsi il nemico in casa” è sempre un errore (e il gol di McKenzie sta lì a dimostrarlo) e che questa squadra (per fortuna) proprio non riesce a difendersi chiudendosi a riccio. E’ costruita per giocare, e se si abbassa non può che soffrire.
L'attacco penalizzato?
—Infine l’attacco, e il tormentone di questi giorni: “Il gioco di Italiano penalizza i centravanti”. In effetti, Vlahovic (capisco sia fastidioso soltanto nominarlo) è ancora lì che ripensa con fastidio a quei 17 gol segnati nel girone d’andata. Gli stessi Cabral e Jovic (non Van Basten e Batistuta) l’anno scorso hanno comunque messo insieme 30 reti in due. Carta canta, quindi. Ma non solo. Liberi di crederci o no, ma nel corso dell’estate son stati tantissimi i centravanti che (tramite i loro agenti) si sono proposti alla Fiorentina. E questo, proprio perché convinti di potersi esaltare grazie al gioco di questo allenatore.
Morale della favola. Si può anche dare tutte le colpe a Vincenzo Italiano. Per carità. A volte però, sarebbe meglio fermarsi un secondo, e porsi questa domanda. Dove sarebbe (oggi) la Fiorentina con un altro allenatore? Io una risposta ce l’ho…e credo si sia intuita…
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