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Beltran “Russell” ed “Émile” Nzola: crolla il tempo delle cattedrali

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La devozione della Fiorentina alle occasioni di mercato vacilla tremendamente alla luce degli ultimi arrivi nel reparto avanzato

Nel 1898, una lettera aperta, pubblicata sul quotidiano parigino L’Aurore e indirizzata al presidente della Repubblica francese François-Felix Faure, denunciava il comportamento dell’esercito transalpino nei confronti di Alfred Dreyfus, accusato ingiustamente di tradimento. Il mittente era Émile Zola, scrittore e filosofo francese, e il titolo “J’accuse”, io accuso. Una vicenda, questa, indicata da molti come la prima in cui ha avuto un peso anche l'opinione pubblica. Parecchi, ma parecchi anni dopo, la penna in mano ce l’ha Vincenzo Italiano e l’affaire, le campagne di rafforzamento della rosa della Fiorentina, è molto meno serio, ma non per questo seguito con meno ardore dagli appassionati. Il j’accuse di Italiano si è levato ed è stato sposato dalla tifoseria in un primo momento all’inizio della stagione 2022-2023 (“Abbiamo sostituito, non aggiunto”), poi alla fine della stessa campagna, dopo la finale di Conference League persa contro il West Ham (“Perderemo giocatori e dovremo rimpiazzarli, se vogliamo continuare a questi livelli dovremo rinforzare la squadra. Penso si voglia parlare di questo e lo faremo serenamente”). Questa volta sì, questa volta il messaggio pare essere stato recepito.

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E coincidenza vuole che Zola sia quasi omonimo di Nzola, l’attaccante franco-angolano che è stato prelevato dallo Spezia su esplicita richiesta di Italiano, che lo ha allenato più volte traendone il meglio che abbiamo potuto ammirare fino ad oggi, lavoro sfruttato senza il profitto finale sperato da Gotti prima e Semplici poi nella scorsa annata. Un po’ di tira e molla, vaglio delle alternative, sondaggi e piste non percorribili, alla fine la corrispondenza d’amorosi sensi nata a Trapani nella stagione 2018-19 e proseguita in Liguria negli anni successivi può entrare nel suo terzo capitolo, quello della maturità. Perché come diceva Zola, “l’artista è nulla senza il talento, ma il talento è nulla senza il lavoro”: e Italiano sa come far lavorare Mbala, materia non per tutti come ha dimostrato l’esperienza pur fortunata di Thiago Motta sulla panchina dello Spezia. Ma c’è di più.


Al pari del Dreyfus di cui prendeva le difese Zola, anche Lucas Beltran avrebbe potuto essere accusato di tradimento. Altissimo tradimento, visto che si parlava di accordo raggiunto con la Roma sui termini personali a tempo praticamente scaduto, con la Fiorentina che aveva in tasca tutti i sì necessari, River Plate in testa. Alla fine, tirando in ballo anche Shakespeare, è stato fatto molto rumore per nulla: i giallorossi non hanno messo sul tavolo le risorse necessarie a ribaltare una situazione ormai avviata, Joe Barone si è fatto valere in privato e Beltran è in arrivo a Firenze con tutta la pressione che deriverà dai 20 e rotti milioni complessivi stampati sulla sua etichetta, dal suo passato da “fratello minore” di Dybala all’Instituto e dall’investitura di miglior attaccante in circolazione sul suolo argentino.

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Anche Beltran richiama con il suo nome un pensatore che ha fatto la storia, Bertrand Russell. Britannico, gallese per la precisione, così filosofeggiava: “L’uomo necessita, per la sua felicità, non solo di rallegrarsi di questo o di quello, ma di speranza e intraprendenza e cambiamento”. Quel cambiamento El Vikingo (lo chiamano così per via della sua carnagione chiara) lo abbraccia alla Fiorentina assieme a Nico Gonzalez con il quale dovrà stabilire una connection tutta albiceleste per puntare in alto. Che poi, del resto, è quello che fanno le grandi cattedrali medievali, che mirano a Dio. Già, perché quel pensiero radicato nella testa della gente di Firenze, se l’era bono un veniva da noi”, deve crollare, come la devozione della Fiorentina alle occasioni di mercato - vedi per esempio Boateng, Callejon e per ultimo Jovic - che vengono affidate all’allenatore di turno risparmiando sul cartellino e sperando che funzioni. E come le cattedrali dopo gli anni bui del Medioevo; certo, eccezion fatta per quelle più belle, magari costruite nel Rinascimento, che sono rimaste patrimonio dell’Umanità: da noi abbiamo Santa Maria del Fiore, ma anche Jack Bonaventura, una cattedrale a parametro zero riuscita fin troppo bene per lasciare che crolli prima del tempo naturale.

Émile Zola e Bertrand Russell erano due filosofi fortemente contrari alla religione, nello specifico quella cristiana, alla quale hanno dedicato entrambi fiumi di inchiostro poco lusinghiero; qui non si discute della Fede nell’Eterno, ma più prosaicamente della fede nella Fiorentina. E da questa angolazione, gli arrivi di “Émile” Nzola e di Beltran “Russell”, almeno sulla carta, contribuiscono, come canta il poeta Gringoire all’inizio del musical Notre Dame de Paris, a far crollare il tempo delle cattedrali. Del resto, non è forse vero che dopo il Medioevo arriva il Rinascimento (viola)?

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