L'importante, tanto per capirsi, sarà ricordarsi di fare entrambi le fasi. Benissimo abbassarsi e aspettare quindi (anche Gosens ha ribadito alla Gazzetta come questa squadra si senta a suo agio in quel modo) ma non rinunciare a giocare. Gli esempi (positivi) da questo punto di vista sono la gara dell'altra sera, così come il primo tempo di Roma con la Lazio. Match o porzioni di match nei quali la Fiorentina ha giocato quello che potremmo chiamare il calcio difesa e contropiede 2.0. Quella si (palla lasciata agli altri ma linea difensiva non esageratamente bassa, recupero e verticalizzazioni, palla a terra, velocissime) una strada convincente per arrivare al risultato. Funzionerà? Impossibile rispondere. Di sicuro, anche se sarebbe bellissimo il contrario, l'Inter non giocherà con la stessa superficialità di giovedì. Vale per la poca cattiveria con cui attaccava, e per lo scriteriato portarsi con tutti gli uomini sulla trequarti viola, senza marcature preventive.
Eppure, è forte la sensazione che la Fiorentina di Palladino sia fatta quasi a posta per mettere comunque in difficoltà i nerazzurri. Il motivo? L'assenza (storica nell'Inter di Inzaghi) di un giocatore che sappia uscire dagli schemi. Uno, tanto per intendersi, che salti l'uomo e rompa quei blocchi (bassi o meno) che si presentano davanti a Ballera e soci. E poi, l'abbiamo detto e lo ripetiamo: questa squadra (la Fiorentina) ha tanta qualità. E non parliamo soltanto di Kean. Certo, Moise ora come ora può, da solo, mettere in crisi qualsiasi avversario. Non solo, e non vogliamo far paragoni blasfemi o eccessivi. Uno così però, come lo erano Batistuta o Toni in passato, ti fa stare (parecchio) più tranquillo. Me lo raccontano sempre Amoruso e Flachi: “Nel tunnel ci batava guardare Gabriel, col colletto tirato su, e ci sentivamo più forti. Niente e nessuno ci poteva far paura”. Ecco. Con Kean, secondo me, succede più o meno lo stesso.
Detto tutto questo, quella di stasera resta una partita complicatissima. Una gara da vivere non “senza nulla da perdere” (modo di dire che mi piace quasi meno di zero) ma sicuramente con l'anima leggera di chi sa di non aver l'obbligo di vincere. Semmai, se qualcosa si deve “pretendere”, è un'altra prova di maturità. Star dentro la gara, fargliela dura. Confemrare a se stessi e a tutto il campionato insomma, di esser lassù con merito e di volerci restare. A proposito. La concorrenza corre, e non era difficile da immaginare. Sarà un girone di ritorno nel quale tutte (Juve, Milan, Roma soprattutto) faranno più punti dell'andata e non a caso, Palladino, si è posto come obiettivo “far meglio del girone d'andata”. Missione difficile, esattamente come quella di San Siro, ma non impossibile.
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