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Farioli: “Mi sento a mio agio nel pensare di allenare in Italia”

Farioli
Farioli sul campionato italiano
Redazione VN

Francesco Farioli sembrava, per un certo periodo, poter diventare il nuovo allenatore della Fiorentina.Alla fine Pradè ha scelto Stefano Pioli e l'ex Ajax rimane quindi senza panchina. Cronache di Spogliatoio l'ha intervistato e tra oi vari temi affrontati, c'è pure quello del possibile ritorno in Italia:

La verità è che per me il fatto di aver lavorato in tanti campionati diversi mi ha dato, credo, una grande flessibilità da questo punto di vista e, ripeto, mi sento molto a mio agio nel pensare di lavorare poi in un nuovo campionato che non ho mai fatto. C'è sempre un po' il pensiero che se un calciatore non ha giocato in Italia… Allora, io penso che il calcio oggi, ripeto, a tutti livelli, soprattutto quando poi fai le competizioni europee e ti porti a degli stimoli e dei confronti tattici, psicologici, di pressioni... Ma questo anche un po' in Francia, dove c’è la volontà di avere allenatori francesi, in Olanda di avere allenatori olandesi, e un po' in Italia insomma di avere allenatori italiani o che hanno lavorato in Italia. Credo che questo sia per certi versi comprensibile perché è molto diretta la connessione: “ha già lavorato qua, conosce”. E questo è importante. Infatti nei miei staff ho sempre voluto una persona che comunque conoscesse il campionato e che avesse avuto esperienza. Secondo me agevola molto perché comunque ti aiuta a capire che dove vai a giocare, il tipo di campo, il tipo di ambiente che vai ad affrontare. La verità è che per me il fatto di aver lavorato in tanti campionati diversi mi ha dato, credo, una grande flessibilità da questo punto di vista. E, ripeto, mi sento molto a mio agio nel pensare di lavorare in un nuovo campionato. Ho avuto l'opportunità di lavorare già in tre campionati diversi, e comunque la Serie A di averla fatta da collaboratore in Italia per tre anni. Comunque c'è una certa conoscenza di certe dinamiche. Però ecco, secondo me, quello che poi conta più di tutto, ripeto, questo sia per gli allenatori ma anche per i giocatori, è l'apertura mentale. Io credo che per un allenatore quando si va in un contesto nuovo, la verità è che se riesci a portare dentro l'80% di quello che tu hai in testa è un grande risultato, e poi quel 20% è la capacità di adattarsi e la capacità di collegarsi con il nuovo ambiente, con le nuove dinamiche, e quel 20% è quello che ti fa raggiungere o non raggiungere gli obiettivi, dal mio punto di vista. Avere uno staff con tanti passaporti ed essere molto aperti a integrare figure già in società, fino ad ora, quanto meno, ha creato sempre delle dinamiche molto interessanti, molto stimolanti.