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Corriere della Sera

Acerbi rompe il silenzio: “Accanimento dopo l’assoluzione peggio della malattia”

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Il difensore può tornare in campo, ferito dalle offese ricevute nonostante per la giustizia sportiva sia non colpevole
Redazione VN

Dopo la sentenza di assoluzione da parte del giudice sportivo, il difensore dell’Inter, Francesco Acerbi, ha voluto chiudere definitivamente la vicenda legata alle accuse di razzismo rivoltegli da Juan Jesus con un’intervista rilasciata al Corriere della Sera.

Come mi sento? Sono triste e dispiaciuto: è una vicenda in cui abbiamo perso tutti. Quando sono stato assolto, ho visto le persone attorno a me reagire come se fossi uscito dopo dieci anni di galera, molto contente di essere venute fuori da una situazione del genere: sono state giornate molto pesanti. Parlo solo adesso perché avevo fiducia nella giustizia e non volevo rischiare di alimentare un polverone che era già enorme. Adesso che c'è una sentenza, vorrei dire la mia, senza avere assolutamente nulla contro Juan Jesus, anzi è il contrario perché sono molto dispiaciuto anche per lui. Ma non si può dare del razzista a una persona per una parola malintesa nella concitazione del gioco. E non si può continuare a farlo anche dopo che sono stato assolto.


Acerbi prosegue

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Sentenza liberatoria? Lo è stata, ma nella liberazione sono comunque triste per tutta la situazione che si è creata, per come era finita in campo, per come ci hanno marciato sopra tutti senza sapere niente. Anche dopo l'assoluzione ho percepito un grandissimo accanimento, come se avessi ammazzato qualcuno. Questa non è lotta contro il razzismo, non c'è stato nessun razzismo in campo e io non sono una persona razzista: il mio Idolo era George Weah e quando mi fu trovato il tumore ricevetti una telefonata a sorpresa da lui che ancora mi emoziona. Cosa è se non è lotta al razzismo? Si sta solo umiliando una persona, massacrando e minacciando la sua famiglia, ma per che cosa? Per una cosa che era finita in campo e nella quale il razzismo non c'entra nulla. Il razzismo purtroppo è una cosa seria, non un presunto insulto. Il campo non dovrebbe esserlo, ma si sente un po' di tutto, anche se ci sono quaranta telecamere. Se l'arbitro dovesse scrivere con carta e penna tutto quello che sente, dovrebbe correre con lo zaino. Però finisce sempre li, altrimenti diventa tutto condannabile, anche gli insulti ai serbi, agli italiani, alle madri.

Accanimento peggio della malattia

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Non c'è paragone, quella in confronto è stata una passeggiata, non ho avuto paura. Invece l'accanimento atroce che ho visto nei miei confronti in questi giorni mi ha ferito. Ho fatto tanto per togliermi l'etichetta che avevo quando ero più giovane e diventare un esempio di costanza e professionalità e ho rischiato di perdere tutto in un attimo.

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