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Ferrara scrive: “Tutti i dubbi di Pioli, aspettando il mercato”

Era l'uomo giusto per i Della Valle, però il progetto fa fatica a partire. Adesso il tecnico si aspetta altri acquisti a gennaio

Redazione VN

Sapeva che non sarebbe stato facile. Sapeva che il loro vero obiettivo era incassare e poi avrebbero pensato a spendere un po’. Sapeva anche che prima di lui era stato contattato Di Francesco, che gli aveva risposto picche e, forse, sapeva anche che qualcuno aveva telefonato a Giampaolo e che Giampaolo, una volta ascoltato il progettone, aveva risposto gentilmente che di un downgrade ne faceva volentieri a meno. Ma Stefano Pioli aveva parlato con Diego, il numero uno, colui che, da un altrove errante, alla fine ha l’ultima parola su tutto. E Diego voleva lui, perché dopo un anno e mezzo di gelo portoghese, un allenatore italiano disposto ad ascoltarlo e a dire la sua col massimo dell’educazione, era quello che ci voleva. Niente arroganza, anche perché di quella in giro ce n’è già abbastanza.

Pioli l’umano alle prese con una strana ripartenza più o meno dove tutto era cominciato, la città dove lui sognava di tornare: Firenze. Una piazza medio grande, dalla storia luccicante e dalle grandi ambizioni. Almeno fino a pochi anni fa. Il suo modello preferito, insomma, come al primo anno laziale, quando tutto filava liscio. È educato, sì. Ma è tosto Stefano Pioli, che conosce e sopporta a fatica le regole non dichiarate del calcio, quelle dei procuratori padroni, delle santissime plusvalenze, dei maneggioni e dei fenomeni. E ha sorriso. A tutto e a tutti, convinto che questa fosse una fantastica occasione per dimenticare l’illusione Inter e ripartire subito coi piedi ben piantati nel campionato italiano.

Tutto bello. Perfino il ritiro, quello con la squadra virtuale, anche perché il mercato allungato ormai genera queste strane situazioni surreali e ritrovarsi a passeggiare nervosamente sul campo col telefonino appiccicato all’orecchio ormai capita a quasi tutti gli allenatori. Comunque Pioli era ed è felice della sua scelta. Lo era perché Firenze era Firenze e la Fiorentina anche, lo è perché è convinto di poter uscire almeno un po’ da questa tristezza complessiva, quella che ti tiene incollato alla mezza classifica e ti fa perdere a Crotone e festeggiare (si fa per dire) per un modesto pareggio a Ferrara. Ma forse, se questi risultati negativi sono i più eclatanti, la sconfitta più dolorosa è quella che invece ci stava tutta, cioè quella con la Roma, perché in quella partita tutti hanno capito la realtà di questa nuova Fiorentina, squadra che contro una grande, per quanto ci metta l’anima, alla fine esce sconfitta. (...)

L'articolo completo di Benedetto Ferrara in edicola con La Repubblica

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