UN RICORDO DI GIOVAN BATTISTA PIROVANO
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Le “Glorie Viola” ricordano la storia gigliata di Pirovano
UN RICORDO DI GIOVAN BATTISTA PIROVANO tratto dalla pagina ufficiale Facebook dell’Associazione “Glorie Viola“di Roberto Romoli[Vice-Presidente Associazione “Glorie Viola“]Il giorno 8 novembre 2014 è deceduto a...
tratto dalla pagina ufficiale Facebook dell'Associazione "Glorie Viola"di Roberto Romoli[Vice-Presidente Associazione "Glorie Viola"]Il giorno 8 novembre 2014 è deceduto a Vercelli Giovan Battista Pirovano, detto affettuosamente "Giobatta" (dalle iniziali del suo prenome), bandiera viola degli anni settanta.
Era nato a Vercelli il 5 maggio 1937, e, dopo un'iniziale militanza nella gloriosa squadra della sua città, approdò al Verona nel 1961, disputando due campionati di Serie B.
Nel 1963, a ventisei anni, e quindi nel pieno della sua maturità calcistica, arrivò a Firenze, raggiungendo un altro vercellese doc, Ugo Ferrante, allora giovanissima promessa viola.
Si distinse subito per serietà, capacità, ed impegno, tanto da conquistare immediatamente la stima di Valcareggi prima, e di Chiappella (che in lui rivedeva un po' se stesso) poi, diventando così un titolare fisso ed inamovibile della Fiorentina.
Era un mediano vecchia maniera (allora si chiamava "mediano di spinta") con attitudini difensive (venne sovente impiegato anche da terzino), ma capace di inserirsi anche nella fase offensiva, tanto che realizzò sedici reti nelle centonovantasei gare ufficiali da lui giocate in viola; reti segnate, prevalentemente, con il tiro da fuori area, che era una sua specialità, perché Giobatta era dotato di un "destro" potente e preciso (alla Castigliano, tanto per intendersi, come ebbe a dire un cronista di "Musica e Sport" commentando la vittoria viola a San Siro contro il Milan per 3-1 nel quarto di finale di Coppa Italia disputato il 6 gennaio 1966, allorché Giobatta fece secco Balzarini con un fendente da venticinque metri).
Era un calciatore dotato di discreta tecnica individuale e straordinariamente continuo.
Ma le sue caratteristiche indiscusse e più belle erano costituite dalla passione, dal cuore, e dalla grinta che metteva in ogni partita, e che lo fecero amare dal popolo viola come pochi altri calciatori.
Giobatta, infatti, che nella vita quotidiana era una persona mite, un signore, un gentiluomo, in campo si trasformava, e lottava sempre come un leone; spesso insisteva con i medici ed i massaggiatori per scendere in campo anche quando le sue condizioni fisiche non erano al meglio, tanta era la sua professionalità ed il suo amore per la Fiorentina. Era poi un trascinatore ed un grande uomo-spogliatoio, e fece da "chioccia" (insieme a Kurt Hamrin) a quella "nidiata" di giovani che formarono la "Fiorentina ye-ye" della seconda metà degli anni sessanta, che ebbe il suo felice epilogo nella conquista dello scudetto 1968-1969.
Si meritò anche la maglia azzurra, e disputò una partita in nazionale, Francia-Italia, gara amichevole che si giocò al Parco dei Principi di Parigi il 19 marzo 1966, alla vigilia della spedizione azzurra nel Campionato mondiale inglese. Accarezzò quindi il sogno di far parte della compagine azzurra che avrebbe disputato quel mondiale. Le cose andarono diversamente (le pressioni esterne esistevano anche allora....), ma lui non ne fece un cruccio: la sua nazionale era la Fiorentina, alla quale Giobatta si era legato tantissimo, e della quale divenne il capitano dopo la cessione di Kurt Hamrin al Milan nel 1967.
Poi, spontaneamente, cedette la fascia di capitano a De Sisti, non appena si rese conto che ormai Picchio era maturo per ricoprire quel ruolo; ed anche questo fu un raro esempio di amore verso la maglia viola.
Dette il suo contributo nell'anno dello scudetto disputando sette partite, fra le quali la delicatissima trasferta contro il Palermo, nella fase finale del campionato, con la Viola lanciata verso lo scudetto.
Il suo rapporto con la Fiorentina terminò nel 1970, e, forse, non come avrebbe dovuto terminare.
Ma Giobatta voleva troppo bene alla Viola per fare polemica, e lasciò Firenze in silenzio, in punta di piedi, da gran signore quale era.
Andò in "C", a Legnano, ove disputò il campionato 1970-1971, poi tornò nella sua Vercelli, ove concluse la carriera.
Gli anni cominciavano a pesare, ed il suo fisico, che non si era mai risparmiato, non rispondeva più come un tempo.
Collaborò con la gloriosa Pro Vercelli per molti anni, ma continuò a seguire con passione la sua Fiorentina, perché il suo cuore era ormai colorato in modo indelebile di viola; e non mancava mai alle "rimpatriate" con i vecchi compagni di squadra.
Addio, caro e grande Giobatta, noi non ti dimenticheremo.
E sappiamo che tu, dal Cielo, insieme al tuo concittadino Ugo Ferrante, continuerai a trepidare per la tua Fiorentina.
E magari faglielo qualche urlaccio a chi non mette in campo passione, cuore, e grinta per quella maglia viola che hai tanto amato, e che era sempre fradicia di sudore quando tu uscivi dal campo.
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