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L’ass. “Glorie Viola” ricorda Ugo Ferrante nel decennale della morte

  TRATTO DALLA PAGINA FACEBOOK UFFICIALE DELL’ASSOCIAZIONE “GLORIE VIOLA” Sono trascorsi dieci anni dalla scomparsa di Ugo Ferrante, avvenuta a Vercelli il 29 novembre 2004. Ugo Ferrante, autentica gloria viola, …

Redazione VN

Sono trascorsi dieci anni dalla scomparsa di Ugo Ferrante, avvenuta a Vercelli il 29 novembre 2004.

Ugo Ferrante, autentica gloria viola, era nato a Vercelli il 18 luglio 1945.

Dopo aver militato nelle squadre giovanili della sua città, la gloriosa Pro Vercelli, approdò giovanissimo alla Fiorentina, e venne inserito nella squadra "De Martino".

Il suo talento era tale che nessuno poteva dubitare della sua esplosione ad alti livelli; fra l'altro, a soli diciassette anni, era già stato convocato nella nazionale juniores.

Fece il suo esordio assoluto in prima squadra il 30 giugno 1963 nella partita che la Fiorentina disputò contro lo Zurigo, nella quinta giornata del "Piano Rappan" (ex Intertoto), quando non aveva ancora compiuto diciotto anni; il suo esordio nel campionato di Serie A avvenne il 31 maggio 1964, in occasione dell'incontro Bari-Fiorentina, disputatosi sul campo neutro di Pescara.

Il campionato successivo, durante il quale venne stabilmente aggregato alla prima squadra, fu per lui di "apprendistato"; disputò soltanto tre partite, ma completò la sua crescita fisica, tecnica, e tattica, avvalendosi degli insegnamenti dell'allenatore Beppe Chiappella e di Piero Gonfiantini, il "libero" titolare, che gli fece un po' da "chioccia".

Si vedeva chiaramente che Ugo, alto, prestante, un fisico da vero atleta, era destinato ben presto a raccogliere il testimone da Gonfiantini; cosa che avvenne puntualmente nella successiva stagione 1965-1966, nel corso della quale Ugo si conquistò sul campo i galloni di indiscusso titolare, e fu uno dei principali protagonisti delle vittorie della Fiorentina nella Coppa Italia, nella Mitropa Cup, e nel prestigioso Torneo di Viareggio, che all'epoca veniva giustamente considerato una sorta di Campionato del Mondo per squadre giovanili.

Gli anni successivi fecero registrare un'ulteriore crescita di Ugo, che si impose all'attenzione nazionale come uno dei migliori interpreti del ruolo di "libero", non solo grazie al suo talento naturale, ma anche alla sua intelligenza, alla sua professionalità, ed alla sua seria e costante applicazione negli allenamenti.

La consacrazione definitiva di Ugo avvenne nel campionato 1968-1969, quello dello scudetto, nel corso del quale diventò di dominio pubblico la vicenda relativa ai suoi capelli, specchio del carattere sempre gioioso e scherzoso di Ugo, il quale, dopo la sconfitta interna contro il Bologna, avvenuta il 3 novembre 1968, promise che non si sarebbe tagliato più i capelli fino alla successiva sconfitta della Fiorentina........ Ebbene, nel corso di quel fantastico campionato la Viola non perse più, ed i capelli (ormai lunghissimi, almeno per quell'epoca) di Ugo vennero a costituire un emblema della forza della Fiorentina, personificata dal suo Sansone Ugo Ferrante......... Il quale, è bene ricordarlo, provvide da solo a salvare la sua folta chioma e la solitaria "leadership" della Viola nella classifica generale, realizzando negli ultimi minuti, con un imperioso colpo di testa, il gol del pareggio della Fiorentina nella partita esterna contro la Sampdoria disputatasi il 16 marzo 1969, quando ormai la squadra sembrava rassegnata alla sconfitta, causata da un gol di Frustalupi e dalle formidabili parate di Battara, che quel giorno, come si usava dire all'epoca, "parò anche gli spilli"........

Ma fu il successivo campionato 1969-1970 quello nel quale Ugo strabiliò l'intera Italia calcistica, ed in cui si impose indiscutibilmente come il più forte "libero" d'Italia, tanto da ricevere il premio "Calciatore d'oro" quale migliore atleta dell'anno secondo il giudizio della stampa sportiva nazionale.

Quel magnifico campionato, che la Viola disputò con lo scudetto tricolore sul petto, gli valse la convocazione fra i ventidue calciatori selezionati da Valcareggi per disputare la fase finale del Campionato del Mondo che si svolse in Messico, durante il quale Ugo non trovò spazio solo perché gli venne preferito Cera, che era sì un ottimo calciatore, ma che fu impiegato essenzialmente perché facente parte del "blocco" del Cagliari di Gigi Riva, appena scudettato.

Ugo ebbe comunque la soddisfazione di vestire la maglia azzurra in tre occasioni: la prima, nella gara amichevole che l'Italia disputò in Portogallo (in preparazione al mondiale messicano) il 10 maggio 1970, e, successivamente, nelle gare contro la Svizzera e contro la Spagna.

Ormai la sua fama aveva varcato i confini nazionali, ed a Firenze era diventato un beniamino del popolo viola: sia per il suo talento e per la sua massima affidabilità (nel gioco aereo non aveva rivali, e questa sua dote specifica, che costituiva un'autentica sicurezza in fase difensiva, veniva sfruttata anche in fase offensiva, dove Ugo risultò decisivo in più occasioni), sia per la simpatia che contagiava tutto l'ambiente; Ugo, infatti, era un tipo scherzoso, allegro, un umorista vero, sempre sorridente e sempre pronto a sdrammatizzare, mai però banale; una bella persona, che mai si poneva sopra un piedistallo, che amava la vita, e che si faceva benvolere da tutti i compagni di squadra e da tutti i tifosi.

Il campionato 1970-1971 fu disgraziatissimo per la Fiorentina, che raggiunse la salvezza soltanto nell'ultima giornata; Ugo, tuttavia, fu uno dei pochissimi calciatori viola che riuscì a salvarsi in quella disastrosa stagione, e dette un contributo fondamentale per la permanenza della Viola in serie A.

Di quella stagione ci piace ricordare un episodio del quale Ugo fu protagonista, e che dimostra quanto egli fosse legato alla Fiorentina.

Dopo una pesantissima sconfitta interna avvenuta ad opera del Milan, il 15 novembre 1970, il Presidente Baglini reagì pesantemente nei confronti dei calciatori viola, e - come suol dirsi - "sparò nel mucchio", colpendo anche quei pochi calciatori che di quella sconfitta (ed in generale del cattivo inizio di campionato della squadra) non avevano obiettivamente alcuna responsabilità; fra questi, Ugo Ferrante, che venne "accusato" da Baglini di lasciare sovente sguarnita la retroguardia a causa delle sue "avanzate" offensive alla ricerca del gol personale (e quindi, in definitiva, di privilegiare la ricerca del successo personale a detrimento degli interessi della squadra). Mai accusa più infondata e più ingiusta venne formulata nei confronti di Ugo, che da sempre, molto spesso, in occasione dei calci piazzati, si spingeva in attacco (ma il suo posto in difesa veniva sempre coperto da un compagno di squadra, che era generalmente Esposito) per sfruttare le sue eccezionali doti nel gioco aereo.

Ugo incassò in silenzio quelle assurde accuse, e per qualche partita successiva se ne stette buono in difesa.

Ma il 24 gennaio 1971, in occasione della partita Fiorentina-Juventus, verso la metà del primo tempo, allorché l'arbitro decretò una punizione in favore della Viola che si prestava ad uno "spiovente" nell'area avversaria, Ugo, infischiandosene dei rimbrotti del Presidente, si proiettò in avanti, pronto a colpire di testa........ "Sentiva" che avrebbe segnato, "sentiva" che avrebbe portato in vantaggio la sua Fiorentina......... Ed infatti saltò più in alto di tutti, inzuccò la pennellata di De Sisti, e trafisse Tancredi.......

Tutto lo stadio lo abbracciò.......

Nel successivo campionato 1971-1972, Ugo giocò poche partite a causa di un grave infortunio (frattura del perone) che subì nel corso della terza giornata di campionato, disputata a Firenze contro la Roma il 24 ottobre 1971, e che lo costrinse ai margini per cinque mesi (rientrò in squadra a Torino, contro i granata, nella gara che si giocò il 19 marzo 1972).

Quell'infortunio segnò, in pratica, la fine della carriera di Ugo in viola.

Forse ci fu qualche incomprensione o qualche contrasto con l'allenatore Nils Liedholm, che probabilmente ne caldeggiò la cessione (anche i "mostri sacri", talvolta, sbagliano........). La Fiorentina, o per assecondare i desideri del tecnico, o perché, forse, non credeva nel suo pieno recupero fisico dopo l'infortunio, si privò di Ugo, che venne trasferito al Vicenza.

Fu un grave errore, perché se è vero che la Fiorentina aveva nel frattempo scoperto in Brizi un "libero" di alto livello (e sembra, tra l'altro, che sia stato proprio Ugo - durante il suo infortunio - a suggerire a Liedholm di impiegare Brizi nel ruolo che egli aveva lasciato forzatamente vacante), è altrettanto vero che un calciatore del calibro di Ugo (che all'epoca aveva soltanto ventisette anni), avrebbe potuto fare molto comodo ancora per tanti anni alla Viola.

Ugo ci rimase male. Ma era un gran signore, e voleva troppo bene alla Fiorentina per fare polemica. Se ne andò in silenzio a Vicenza, dove disputò - sempre ad alti livelli - tre campionati di Serie A ed un campionato di Serie B.

Poi, nel 1976, e quindi a soli trentuno anni, in un calcio dove il professionismo diventava sempre più esasperato, sempre più una "scienza" e sempre meno un divertimento, e senza aver mai subito espulsioni o squalifiche, nonostante un fisico imponente ed un ruolo prettamente difensivo (il che la dice lunga sulla sua correttezza e sulla sua lealtà), decise di "mollare". Giocò ancora tre anni in una squadra dilettantistica (il Robbio Lomellina), nel campionato di "Promozione"; poi appese le scarpette al chiodo, stabilendosi nella sua Vercelli, dove allenò squadre giovanili, dilettantistiche, ed amatoriali, così riassaporando il gusto di un calcio "pane e salame" che lui amava.

Intraprese un'attività commerciale a Vercelli, operando nel settore delle mense aziendali; mantenne intatto il suo "humor", la sua simpatia, la sua gioia di vivere.

Una volta disse ad un giornalista fiorentino che lo intervistò: "Lavoro tutta la settimana; il sabato però stacco, e la sera mi diverto a fare il disc-jockey.......".

Carissimo Ugo, noi ti abbiamo voluto bene, ti vogliamo bene, e ti vorremo sempre bene.

Sappiamo che sei rimasto lo stesso ragazzone di sempre, buono, gioviale, e scherzoso.

Sappiamo che continui a seguire le vicende della tua Fiorentina, alla quale sei sempre legato.

Sappiamo anche che ogni tanto gli angeli ti chiedono di fare il disc-jockey per loro, e che all'inizio "passi" sempre l'inno viola di Narciso Parigi.......

Gli angeli si divertono incredibilmente a cantare tutti in coro il nostro meraviglioso inno, battendo le mani per scandire il tempo..........

E ridono da matti quando tu, con il tuo "humor" e con la tua immutata e travolgente simpatia, alla fine dell'inno dici loro: "Sì, bravi, ma come lo canta Narciso, nemmeno in Paradiso"......

Ciao Ugo, un grandissimo abbraccio.

Roberto Romoli

Vice Presidente Associazione Glorie Viola