La storia del football è punteggiata di giocatori grandi nella provincia ma non altrettanto nelle formazioni blasonate. Un esempio è quello di Adelio Moro che, dopo una apparizione giovanile nell’Inter, si ridimensionò nell’Hellas per poi diventare giocatore sopraffino nell’Ascoli a cavallo tra gli anni settanta e ottanta. Cinque stagioni d’oro che spinsero i dirigenti rossoneri del Milan a mettere sul piatto una bella manciata di fiches per accaparrarsene le qualità. Risultato: stagione da dimenticare e lesto ritorno nell’amata provincia.
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BV 1963: Pietro Maiellaro da Candela
Il Battito Viola di oggi
Pietro Maiellaro arriva a Firenze nell’estate del 1991 dopo quattro stagioni al Bari nelle quali sembrava George Best in una formazione di dilettanti: dribbling, funanbolismi, lanci millimetrici, colpi di tacco e un’eleganza di gioco entusiasmante. All’età di 28 anni - Pietro è nato oggi, 29 settembre, nel 1963 - suona anche per lui la campana della festa e, dalla provincia arriva nel calcio che conta indossando, per la modica cifra di oltre quattro miliardi di vecchie lire, la maglia viola. Sarà stata la non esaltante stagione vissuta dalla Fiorentina, sarà stato la crisi tecnica - risoltasi con il cambio di allenatore da Lazaroni a Radice - o, parafrasando una nota reclame, sarà stata l’aria, sarà stata l’acqua…sta di fatto che Pietro Maiellaro da Candela ne imbroccò proprio poche in viola disputando ventisette gare tra campionato e Coppa Italia e segnando quattro reti.
Al termine della stagione, Pietro riprese la strada della provincia: per qualche settimana a Terni e poi a Venezia e Cosenza.
Insomma Pietro Maiellaro ripropone il refrain del giocatore idolo di provincia che non riesce a sfondare nel calcio importante e che ritrova la propria dimensione non appena riprende la via della propria misura. Peccato. Peccato perché Pietro Maiellaro era un giocatore davvero dotato tecnicamente e in allenamento incantava tutti con numeri d’alta scuola. Peccato perché Pietro è un uomo genuino e sincero che con quei linguacciuti di noi fiorentini sarebbe andato davvero d’accordo.
Massimo Cecchi - museofiorentina.it
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