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Vargas: “Guarito con l’umiltà”

“Sono un Loco tranquillo, ho fatto degli errori ma…” (COMMENTA)

Redazione VN

«Sono un loco tranquillo», dice Vargas. Cioè un matto ragionevole? Battuta rischiosa. Ma lui ride. Meno male.

Comincia da qui — il talento impetuoso, la caduta rovinosa, l’orgoglio ritrovato — il racconto che Vargas affida a La Nazione. La prima confessione approfondita del più forte esterno sinistro d’Europa fra il 2009 e il 2010 precipitato, non proprio di schianto ma con ostinato talento alla rovescia, nel girone dei cattivi giocatori.

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E ora eccolo qui Juan Manuel Vargas, dimagrito e di nuovo calciatore nella testa, di fronte a se stesso. E a un registratore che lampeggia. Ripartiamo dall’inizio.

«Sono un loco tranquillo».

Bella definizione. Provi a spiegarla.

«Fuori dal campo sono una persona davvero diversa da come in molti mi hanno immaginato o descritto. Sul serio. Dovreste chiedere a chi mi conosce. Quando gioco invece mi sento esuberante, posso cambiare il senso di una partita, infrangere l’equilibrio, fare la differenza. Divento imprevedibile. Il soprannome? Mi hanno chiamato ’loco’ fin da quando ero ragazzino per i miei colpi a sorpresa».

Fino a quando, poi, è scattato qualcosa che nessuno ha capito. Una specie di caduta libera.

«Nella vita si fanno errori. Da lì poi si deve ripartire, l’importante è quello». (...)

C’è un errore in particolare di cui si è pentito?

«Se c’è fa parte del periodo che mi sono messo alle spalle. Ora sono tranquillo, ringrazio chi ha creduto in me».

In particolare?

«La società, l’allenatore, i tifosi. Perché so che i fiorentini mi vogliono bene, anche se c’è stato un momento in cui mi hanno insultato, emarginato. Questa è una città che dà tanto amore e lo pretende indietro. Giusto così, conosco Firenze, qua è nata una delle mie figlie e resterò sempre legato a questa città. E poi so come la pensano i tifosi, come ragionano, dopo cinque anni credo di aver capito un po’ di cose».

Lei avrebbe potuto svincolarsi a costo zero, ha deciso di firmare il rinnovo del contratto fino al 2015 in un periodo in cui quasi tutti erano convinti di aver perso il vero Vargas. Perché si è rimesso in gioco proprio qui?

«Con tutto il rispetto possibile, non credo di dover dimostrare più niente a nessuno. A me stesso però sì. E allora mi sono detto che io e Firenze meritiamo di ritrovare il Vargas migliore, quello che piace a tutti. Me compreso».

Vita privata a parte, è scattata una molla anche nel Vargas-calciatore. Quando e perché?

«Qui sono arrivati grandi campioni, uno di questi è Ambrosini che ha vinto tutto, ma penso anche a Pizarro. Ho visto che loro erano i più umili di tutti, si mettevano sempre in discussione. Superiori, eppure così lievi nei rapporti. Il loro esempio mi è servito tantissimo».

Com’è il nuovo Vargas?

«Umile, consapevole».

E poi?

«Un giocatore che vuole sempre farsi trovare pronto. Magari poi non giocherò, ma avrò vinto la sfida con me stesso. Anche in questo sono diverso rispetto al passato».

Lei ha segnato gol importanti nella storia viola: quelli per lo spareggio Champions contro lo Sporting a Lisbona e il rigore contro il Lione per il passaggio agli ottavi di finale. In quale posizione colloca la rete segnata a Milano domenica scorsa?

«Quello è stato il gol dello sblocco. Anzi no, mi ero già sbloccato contro il Parma... Mi ricordo ancora come sono stato accolto dalla gente, l’affetto che ho sentito, la spinta che mi ha dato lo stadio. Perché lo so che i tifosi mi vogliono bene...».

Sei presenze in questa stagione, due gol: dove vuole arrivare?

«Ho solo un obiettivo: farmi trovare a posto quando Montella mi chiamerà. In qualsiasi momento. All’inizio o alla fine di ogni partita».

Proprio Montella ha detto che lei è dimagrito 5 chili. Un peso forma che le mancava da un po’.

«Ma non sono ancora al massimo. Lavorerò duro. Perché so che quando sto beneo posso fare la differenza. Ci tengo a dire che in campo non ho mai tradito la Fiorentina, neanche quando stavo peggio. Magari ero un giocatore normale, ma non mi sono mai tirato indietro».

Perché Firenze...

«Mi vuole bene. Era l’unico posto dal quale ripartire».

Angelo Giorgetti - La Nazione