Borja Valero, la filosofia del centrocampo. Se calciatori si nasce, lui è andato oltre. Nascendo centrocampista. Sì, nonostante il nome da cantante neo melodico, Borja Valero Iglesias è mezzala per indole naturale e struttura filosofica. Un “8” dentro, con la visione del mondo che parte dalla metà campo e ha come prospettiva il terreno di gioco per intero.
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Valero, la filosofia a centrocampo
Borja Valero, la filosofia del centrocampo. Se calciatori si nasce, lui è andato oltre. Nascendo centrocampista. Sì, nonostante il nome da cantante neo melodico, Borja Valero Iglesias è mezzala per …
Fisiognomicamente lo diresti il cugino di Masitto, ma per sapienza calcistica è tutt’altra cosa. Se infatti il “genio”, nella codificazione del Melandri, è «fantasia, intuizione, colpo d’occhio e velocità di esecuzione», lui appartiene alla categoria “geni del football”, possedendo tutte le doti richieste. Borja Valero, un centrocampista architetto che in campo disegna cattedrali di calcio: le sue ripartenze sono rosoni, le sue aperture guglie, i suoi lanci architravi a reggere l’impianto del gioco viola. Olé.
Madrileno doc, il nostro viene dalla Spagna, terra di flamenco, paella, toreri e grandi interpreti del football tiki taka. Ovvero: di quel calcio fatto di mille passaggi con palla a terra, a stordire l’avversario e incantare la partita. Per la verità, chi della genìa lo ha preceduto in Italia non ha lasciato ricordi memorabili. Mendieta costò più che una Finanziaria di Monti per poi avere l’utilità di un consigliere regionale del Lazio; De La Pena è stato il Budda più caro nella storia dell’oggettistica da tavolo. Ma anche a Firenze gli spagnoli non hanno lasciato tracce indelebili. Amor arrivò a fine carriera, un po’ come il Buffalo Bill del circo che perse la sfida coi butteri. Portillo, invece, sbarcò agli albori di una carriera che pareva d’oro e invece era solo latta scintillante, buona al più per le medaglie del Subbuteo. Borja Valero Iglesias è di un’altra pasta. Un centrocampista strutturale e non congiunturale, che al gol preferisce l’assist e al priveé dell’Hollywood gli Uffizi. In questo un atipico.
E’ vero: fin qui la fama non ha reso onore al suo talento. Ma è il destino di chi nasce in tempi sbagliati. Così come Gimondi vinse poco avendo davanti Merckx, così lui, trovandosi concorrenti due potenziali palloni d’oro come Iniesta e Xavi, è rimasto sotto traccia. Poco male: in fondo è anche grazie a ciò che Firenze oggi può lustrarsi gli occhi con questo centrocampista architetto, geometrico come la cupola del Brunelleschi, prezioso come il corridoio del Vasari, unico come Ponte Vecchio, che disegna, colora e poi incendia il cielo delle emozioni viola. Sembra quasi una canzone neo melodica.
La Nazione
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