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Troppo miele, troppo veleno

L’analisi degli ultimi 5 mesi viola, visti da fuori da Angelo Giorgetti

Redazione VN

Visti abbastanza da fuori, gli ultimi cinque mesi sono stati un improbabile incrocio di autostima e vittimismo, sentimenti poi fusi nello stallo che ingrossa il popolo dei gufi masochisti. Probabilmente gli stessi che riempivano Facebook, Twitter e ogni spazio radio-tele-internettiano con le generose lodi per Roncaglia (su di lui nel frattempo sono stati pubblicati due libri, e poi si dice che l’editoria è in crisi). Lo stesso Roncaglia che a novembre i tifosi viola avrebbero voluto titolare nella Nazionale del pianeta, oggi, retrocesso più modestamente nel ruolo di brodo cosmico, meriterebbe secondo la maggior parte degli ex folgorati da Facundo la tribuna nella selezione del quartiere.

Visti abbastanza da fuori, gli ultimi mesi sono stati l’esatta fotografia di una città che quando si parla di calcio non sa reggere se stessa e come l’Arno rapidamente straborda per diventare, con velocità inversa, un rigagnolo per sciacquare panni grigi.

Niente di nuovo, forse. Ma questa volta, con il filtro della distanza e delle impressioni di rimbalzo, le due facce dello stesso spettacolo sono state la parodia di un amore intenso e isterico. Troppo miele prima _ una melassa di elogi piatti sulla comoda scia dell’entusiasmo _ troppo veleno ora. Torniamo sui pregi e i difetti del povero Roncaglia, simbolo suo malgrado di questa passione a strappi, violenta e incoerente: Facundo è stato una star involontaria, vittima di un affetto travolgente e per molti aspetti inspiegabile. Correva e lottava, mentre la Fiorentina vinceva: evidentemente abbastanza per riempire gli occhi, prima del calo generale. Roncaglia penserà di essere capitato in un covo di matti e vaglielo a spiegare, ora, che Firenze era in preda a un’allucinazione tecnica. E faglielo capire anche a Montella, che il popolo avrebbe voluto sotto contratto fino al 2048, che per qualcuno il suo gioco è bellino ma ripetitivo, perché il modulo non cambia mai e gli avversari l’hanno capito, mica sono scemi, 3-5-2, sempre quello, sanno contare anche loro... Certo, ora sembra che troppe cose siano fuori posto e il germe buono che aveva invaso lo spogliatoio è messo a dura prova dall’assenza dei risultati e per l’evidenza di limiti individuali in precedenza coperti dall’organizzazione del gruppo.

Resta il fatto che da queste parti la metaformosi da ultrà a scettici è storicamente fulminea. E se l’eccesso di euforia può essere stato uno sfogo liberatorio dopo due stagioni cupe con magri e rari sorrisi, è noto quanto sia difficile chiedere equilibrio a Firenze (impossibile poi quando si parla di calcio). Pur avendo ben presente questa tradizione è davvero il momento di riflettere. Non è una battaglia fra fiancheggiatori e catastrofisti, ma una richiesta di buon senso dopo un’indigestione di aggettivi stucchevoli (molti tifosi a dicembre parlavano di scudetto, i dirigenti viola si limitavano alla Champions) che avevano lanciato in orbita una bella squadra ancora da assemblare, ritoccare, rinforzare. Visti abbastanza da fuori, sono stati cinque mesi di superbia e fragilità. Vedremo come saranno da dentro. Ma sempre cercando di usare _ è una promessa _ un po’ di equilibrio.

Angelo Giorgetti - La Nazione