Con Paulo Sousa fanno undici allenatori (Guerini compreso) in tredici anni. E’ andata così: due cicli veri e propri, quelli di Prandelli e Montella, e poi molta fuffa e scarsi ricordi, a parte la simpatia del tifoso Mondonico, i cattivi pensieri di Zoff, le spunzonate nel viso di Delio Rossi e gli attributi autocertificati di Sinisa. E adesso ecco Paulo il portoghese e una nuova ripartenza che dovrebbe significare, almeno nelle intenzioni, una nuovo ciclo. Una scelta che sarà amplificata e pubblicizzata nei prossimi giorni, quando Andrea Della Valle verrà a Firenze per parlare del nuovo tecnico e del mitico (e mistico) progetto e di ciò che i tifosi si devono aspettare da questo nuovo corso. Perché il calcio è anche questo: una immagine, una idea, una proiezione dei nostri desideri di bambini senza tempo. Almeno d’estate, quando a volte tutto sembra possibile e altre volte tutto somiglia a un vago improbabile.
stampa
Traumi, liti e nuovi inizi: la storia viola all’insegna del “ricominciamo”
Il calcio è una proiezione dei nostri desideri, almeno d’estate quanto tutto sembra possibile. L’articolo di Ferrara
E intanto i tifosi aspettano. Quelli a cui è dispiaciuto perdere Montella, quelli che speravano in un cambiamento, quelli che bubavano perché pensavano davvero che avrebbero sostituito Montella con Spalletti. Tutti aspettano di capire che Fiorentina sarà, perché l’allenatore conta, certo, ma la squadra di più. Basta pensare al Luis Enrique di Roma e a quello di Barcellona: dagli schiaffi alla conquista del mondo. Ecco, appunto.
Ma che Fiorentina sarà, nelle premesse, quella di Paulo Sousa? Al momento, l’immaginario viene riempito da due parole: concretezza e gioventù. La concretezza strizza l’occhio agli annoiati del possesso palla, ai seguaci del calcio macho, quelli che non vedono l’ora di vedere due “pedate” in mezzo al campo. E la gioventù riempie il cuore: c’è il presente, ma soprattutto il futuro, che implica la visione di un sogno o giù di lì. Immagini, appunto. Ideali per rimettere insieme i pezzi sparsi di un finale di stagione traumatico. Poi però contano i fatti, cioè i risultati, perché la merce mediatica estiva dura meno di una bistecca fuori dal frigo. E il passato dimostra che tra il proclamare e il fare c’è di mezzo un sacco di roba.
(...)
L'articolo completo di Benedetto Ferrara in edicola con La Repubblica
© RIPRODUZIONE RISERVATA