Una storia amara. Una storia di famiglia. Il lieto fine c’è, ma resta sospeso a metà. Perché Piero Suppi, gloriosa ala sinistra della Fiorentina anni Quaranta, non ha mai perdonato a se stesso di aver tradito l’amico Romeo Menti, morto nel disastro aereo di Superga. Lui si è salvato e per questo ha tradito? Sì, tradito. In una storia di straordinaria amicizia tra uomini d’altra pasta, d’altri tempi, d’altra foggia. Ma partiamo dall’inizio. Con le parole di Anna Suppi, figlia salvatrice di babbo Piero. «Il babbo era vicentino, come Romeo Menti — racconta Anna —. Entrambi cresciuti nel Lanerossi Vicenza, erano amici, legati da un sentimento vero. Nei primi anni Quaranta, tutti e due arrivarono alla Fiorentina e a Firenze misero su famiglia e radici».
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Suppi, il rimorso di una vita: “Io salvo, e Menti morto”
Una storia amara. Una storia di famiglia. Il lieto fine c’è, ma resta sospeso a metà. Perché Piero Suppi, gloriosa ala sinistra della Fiorentina anni Quaranta, non ha mai perdonato …
Poi cosa successe, Anna?
«Accadde che Romeo fu venduto al Torino. Il babbo rimase alla Fiorentina col suo numero 11 sulla schiena. Non persero mai l’amicizia, anche perché Romeo tornava a Firenze, dalla famiglia. Ma soprattutto perché erano legati da un sentimento autentico. Uomini di poche parole, il babbo ne diceva tre in croce, quando le diceva, ma di gesti veri».
Suo babbo doveva andare a Lisbona, con Romeo. Non ci andò. E fu lei, Anna, che prima di nascere gli salvò inconsapevolmente la vita.
«Romeo invitò il babbo a vedere l’amichevole del Torino a Lisbona con il Benfica. C’erano posti liberi in aereo, anche perché un compagno di squadra, lo spezzino Sauro Tomà, si operò di menisco e saltò la trasferta. Lui tutto contento decise di andare, anche perché non c’era il campionato».
Come lo ha salvato?
«La mamma, Marisa, la prese male. Era incinta di me, il tempo della gravidanza era quasi scaduto. Potevo nascere da un momento all’altro. Sembrava proprio brutto andare via per divertimento. Anche se poi il babbo mi ha confessato che lì per lì qualche accidente lo mandò, a me e a mamma, decise di restare a casa. E quel maledetto 4 maggio 1949 lui sull’aereo del ritorno a Torino non c’era».
Per questo si sentì in colpa con l’amico?
«Io decisi di nascere il 7 maggio, la Fiorentina ci regalò un cucciolo di maltese, Lilla, con un grande fiocco viola al collo. Lui prese molto male la morte dell’amico. Nonostante fosse felice per il mio arrivo, si sentiva in colpa. Gli sembrò di aver tradito Romeo, lasciandolo solo nel viaggio della morte».
Una ferita che è rimasta.
«Non passò più. Anche dopo tanto tempo. Anche prima di morire. Lui non voleva andare mai allo stadio, quando smise di giocare. Ma ogni anno, per Firentina-Torino accettava di venire, forse più per farmi un favore che per altro. E ogni volta, gli venivano i lucciconi agli occhi. Poche parole. Ma quante emozioni. E io, ogni volta, ogni anno, quando viene il Torino, ripenso a Romeo».
La Nazione
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