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Sponsor e ultrà: lo Juve Stadium è sotto esame

Un simbolo, nel bene e nel male. Lo Juventus Stadium è forse l’immagine più riconoscibile della rinascita bianconera, perché unisce i risultati del campo a quelli economici. «Ma manca ancora …

Redazione VN

Un simbolo, nel bene e nel male. Lo Juventus Stadium è forse l'immagine più riconoscibile della rinascita bianconera, perché unisce i risultati del campo a quelli economici. «Ma manca ancora la ‘‘ciliegiona'' sulla torta, ovvero lo sponsor che dia il nome all'impianto — riconosce Walter Crippa, amministratore delegato di Sportfive Italia, la società che si occupa di trovare il marchio per lo stadio torinese —. I tempi? Al più presto possibile. Dobbiamo farcela entro la fine della stagione perché l'investimento del nostro azionista è stato importante, al punto che senza il nostro aiuto la stessa Juve non avrebbe fatto lo stadio».

Sportfive è una società del gruppo Lagardère con ramificazioni in tanti altri Paesi: ha pagato alla Juve 75 milioni per 12 anni e ora cerca uno sponsor per un contratto di almeno 5 anni, a 6 milioni a stagione. «Siamo ancora in tempo e non c'è alcuna necessità di svendere il prodotto — premette Crippa —. Ma un anno fa ai tempi dell'inaugurazione ero convinto che sarebbe stata un'operazione più veloce. Le difficoltà è doppia e riguarda da un lato la scarsa conoscenza nel mercato italiano delle potenzialità dell'investimento e dall'altra l'impatto economico, impegnativo nel contesto attuale».

E meno male che la Juve si è impegnata sul campo a rendere il prodotto sempre più appetibile: «E infatti in tanti dopo i primi contatti ci hanno richiamato, grazie proprio ai risultati e al fatto che lo stadio è sempre pieno, senza contare che per almeno cinque anni rimarrà unico nel suo genere, un concetto chiave nel marketing — continua Crippa —. In Italia abbiamo contattato praticamente tutti. Il 50% dei nostri interlocutori comunque è straniero e su certi mercati la valenza del calcio italiano è minore. Esempi? Penso all'Oriente, in cui sono pazzi solo per la Premier League o al marchio Allianz del gruppo Generali che dà il nome allo stadio del Bayern. Si sono informati, ma hanno espresso delle perplessità sul nostro calcio, considerato un po' turbolento. Gli abbiamo spiegato che lo Juventus Stadium è qualcosa di molto diverso».

Ma bisogna convincere in fretta gli investitori, prima che i mali endemici rischino di svalutare il prodotto: «Il calcio italiano deve cambiare, la Juventus lo sta già facendo» è non a caso la chiosa finale della lettera di ieri del presidente Agnelli agli azionisti bianconeri, in cui si pone l'accento sui vantaggi dello Stadium in un contesto che non cresce.

E in un'intervista a Panorama.it, Roberto Massucci, dirigente dell'Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive, lancia un preallarme: «I segnali delle ultime gare (con le proteste per il divieto di usare bandieroni) fanno crescere l'attenzione verso uno stadio che ci lasciava del tutto tranquilli. Alcuni tifosi hanno denunciato insulti e intimidazioni per chi non si allineava allo sciopero contro lo Shakhtar? Sono fatti gravi che non devono accadere. Né lo stadio di proprietà, né una politica di fermezza possono completamente cancellare questi atteggiamenti verso i quali bisogna mantenere alta la guardia».

Corriere della Sera