E’ partito da Viseu. Un paesone a metà strada tra l’Atlantico e il confine spagnolo famoso per una scuola di pittura e il vino rosso Dao. Paulo Sousa era un talento naturale, con un caratterino niente male. Una mattina, per partecipare a un allenamento non si presentò a scuola. L’insegnante, la signora Rosa, figura chiave della sua gioventù, andò subito a chiedere spiegazioni su quell’assenza a papà Delfin e mamma Magdalena. La carriera calcistica di Paulo sarebbe finita quel giorno se il suo allenatore, Carlos, non si fosse presentato ai genitori raccontando una bugia: «Paulo ha saltato la scuola perché ha avuto un piccolo incidente e l’ho portato all’ospedale». A fine anno fu promosso con otto e mezzo in matematica. A quindici anni, invece, il bimbo d’oro fu acquistato dal Benfica per 85 mila escudo. Bruciando gli emissari dello Sporting, la società nel cuore di tutta la famiglia Sousa. Anche in questa fase della sua carriera l’attuale allenatore della Fiorentina ha vissuto qualche momento complicato. Il ragazzino dopo un mese di allenamento con le Aquile nella caotica Lisbona aveva deciso di tornare a casa. Manuel Gomes Baptista, detto “O’assassino silencioso”, un goleador straordinario e a quei tempi responsabile del settore giovanile, lo bloccò alla stazione Santa Apolonia.
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L’IDOLO E il calcio portoghese vide sbocciare un formidabile centrocampista. Il resto della storia è scritta nel suo albo d’oro. Paulo diventa l’idolo del Benfica insieme al suo amico Rui Costa. Poi, nell’estate del ’93 il clamoroso passaggio allo Sporting. Si racconta che il centrocampista fu costretto a restare nascosto in una località segreta di Lisbona per giorni per evitare l’ira dei tifosi dell’Aquila. Ma i biancoverdi erano una passione mai tradita. E, guarda caso, i sostenitori dello Sporting hanno un gemellaggio storico con i tifosi della Fiorentina. (...)
La Gazzetta dello Sport
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