«Tornare in Portogallo è sempre speciale per me. Farlo da protagonista in Europa ancora di più. Non ho avuto molte occasioni nell’ultimo anno per passare di qua e per stare con la mia famiglia». Per Paulo Sousa non può essere una vigilia come le altre. Tra la sue gente, in mezzo a tante facce conosciute, tra i colori di una città che ha imparato a conoscere quando ancora era un ragazzino e sognava di fare del calcio la sua professione. Per questo, c’è anche orgoglio nei suoi occhi. Lo stesso che lo ha sempre fatto guardare ai suoi grandi connazionali come a uno specialissimo club chiamato a portare in giro per l’Europa il calcio lusitano. Lui, Figo, Rui Costa, Mourinho, tutti alfieri del «futebal», che non è soltanto la grande rivalità fra Benfica e Sporting, le squadre dove Sousa ha militato prima di intraprendere la carriera internazionale. Già, le Aquile e i Leoni della capitale rossoverde.
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Sousa e una Lisbona poco lusitana per sentirsi a casa
L'articolo di Ernesto Poesio sul Corriere Fiorentino sul rapporto Sousa-Lisbona
Una rivalità antica, che Sousa ha vissuto sulla sua pelle quando dopo aver fatto tutta la trafila nelle giovanili biancorosse e aver giocato con successo in prima squadra scelse di passare dall’altra parte della città, scatenando le ire dei tifosi che non gliel’hanno mai perdonata. Anche per questo non si può dire che Lisbona sia davvero casa sua. Per questo quando pensa (e parla) di questa città non lo fa con particolare nostalgia. Perché Sousa è portoghese sì, ma del nord, di Viseu, una piccola cittadina che non raggiunge i 100 mila abitanti, nella provincia di Beira Alta, una zona ricca di vallate, castelli, fiumi. Bella, tranquilla, pulita.
Non come la caotica Lisbona, troppo poco «verde» per i gusti di Paulo, troppo piena di influssi diversi per poter davvero rappresentare la tradizione portoghese. Anche per questo aveva scelto una casa a Estoril (che ha ancora), una località balneare nella provincia di Cascais. Anche per questo non fin da quando ha messo piede sull’aereo che da Firenze lo ha portato a Lisbona ha pensato solo alla sua Fiorentina e a come vincere la partita. Tempo per le malinconie nel Paese del Fado davvero non sembra esserci.
Ernesto Poesio - Corriere Fiorentino
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