Storie. Tante, troppe. Prendi Daniele Pradè: undici anni in casa Sensi. Lui, romano de Testaccio. Poi cambia la proprietà e gli dicono: a Daniè, resta con noi, ma del mercato se ne occupa Sabatini. «Arrivederci e grazie, dice lui». Un anno di stop e poi ecco che la vita ricomincia 270 km più a nord. E Montella? Altra storia, cinema puro. Lo chiamano in prima squadra al posto di Ranieri. Lui salta in cielo e fa benissimo. Solo che i nuovi vogliono dare un bel segnale. Chiamiamolo marketing populista. Vincenzino è bravo, ma non è una novità. Qui serve un modello intrigante, accattivante, avvolgente. Ecco a voi Luis Enrique e il Barca modello esportazione. Wow, ragazzi. Futebol total y spectacular. Nsomma, via. Adios Luis, ci ribecchiamo poi.
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Sfida al passato
L’articolo di Benedetto Ferrara sulle storie dietro a Roma-Fiorentina
Nel frattempo Vincenzino zitto zitto lavora per la sua vendetta a Catania. Altro che Luis Enrique. Lo richiama la Roma ma lui non si accorda. Tre incontri, tre litigi. E allora? Beh, lui vola a Firenze mentre la Roma punta tutto sul luna park dei tempi andati. Ma sì: arriva Zdenek e Roma torna Zemanlandia.
Sui titoli dei giornali, per lo meno. Perché nel frattempo il calcio “bello” ha avuto i suoi aggiornamenti. Montella, per esempio, è uno di quelli che ha fatto l’update della app senza problemi. La Roma va e viene, mentre la Fiorentina stupisce per davvero. In realtà le due squadre sono concorrenti per l’Europa. La sfida è aperta a tutto, ma di sicuro fino ad oggi la Fiorentina è piaciuta di più, soprattutto per la clamorosa metamorfosi subita nel giro di poche settimane. Più discontinuo il gruppo giallorosso, chiamato a stupire e capace di farlo ogni volta, sia nel bene che nel male. E poi c’è il caso De Rossi sempre aperto.
Zeman è Zeman: se lo prendi sai che le vie di mezzo non faranno parte del gioco. Certi luoghi comuni sono vere verità. Forse per questo anche a Firenze a un certo punto si era formato il partito zemaniano. «Almeno con lui ci si diverte»: questo era il motto circolante nel brusio. Tutto normale. E logico, quando il divertimento sparisce dalla scena troppo a lungo.
Ma poi la Fiorentina si è diretta altrove. Per fortuna, possiamo dire adesso. Non per mancanza di rispetto per un maestro e per un uomo che ha sempre avuto coraggio sia sul campo sia nello sfidare le granitiche ipocrisie del calcio. Solo che, al di là di come finirà questa partita, quello che è certo è che qui a Firenze al buon Zdenek non pensa più nessuno, mentre a Roma l’idea di aver lasciato scappare Montella forse rode un po’ e anche più di un po’.
E Pizarro? Già. Il cileno, naturalmente, salterà la sfida. Il terribile lutto familiare che ha colpito lui e tutta la sua famiglia ha cancellato il suo nome da un ritorno che vale comunque due parole. Quello che nello spogliatoio viola chiamano il professore a Roma non aveva più strada. A Zeman uno con le caratteristiche del cileno piaceva poco o nulla. Una botta di fortuna, per la Fiorentina. E per il ragazzo, che nonostante l’età ha potuto dimostrare tutta la sua voglia di restare protagonista in una squadra che ama giocare partendo proprio dai suoi piedi e dalla sua esperienza di giocatore vincente. E poi Aquilani, ceduto al Liverpool proprio da Pradè in cambio di una valanga di milioni. Un altro romano de Roma in cerca di rivincite a un’ora e mezzo di Frecciarossa (o Italo, fate voi) dalla sua città.
E Toni? Anche lui è passato di lì nei giorni vagabondi di un rilancio italiano che sembrava impossibile. Poi c’è anche Osvaldo, l’unico vero rimpianto di questa Fiorentina. Un giocatore dai grandi numeri che col tempo è cresciuto anche di testa. Troppo “ragazzo” allora per Prandelli. Troppo caro oggi per Pradè, che farebbe di tutto per riportarlo qui. E a Roma è finito anche Lobont, detto il gatto Lobonto. E Balzaretti, altro scarto di giorni lussuosi. Per finire il lungo elenco manca solo Lupatelli, portiere ovunque. Pure a Roma, una vita fa.
Benedetto Ferrara - la Repubblica
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