stampa

Sempre inferno o paradiso, la rivalità con la Juventus

La sfida infinita, ecco perchè questa è “la Partita”

Redazione VN

È il momento che aspettavamo da quando un capriccioso sorteggio previde questo scontro fatale (...). Personalmente avrei preferito giocarmi il passaggio di turno contro un gruppo straniero, anche forte, che so spagnoli di Siviglia o inglesi metropolitani. Non certo per paura del nemico che viene da Torino, ma per avere un tocco internazionale in più (magari con un'istruttiva e giosa trasferta in una città d'arte ). Invece niente pianti, c'è toccato la Juve, che si ripropone con la monotonia di una stagione non amata; ma almeno, la fiamma di un'antica ostilità esclude il rischio della noia (tre volte in 10 giorni sono tante).

Meglio chiarirlo, il risultato di stasera è più imporante per noi, che in campionato siamo in lotta fra un (arduo) terzo posto o più in basso verso il 6° gradino (se la fine del campionato non andrà bene). La Juve del tesissimo Conte invece, salvo incredibili imprevisti, si sta avviando verso il terzo scudetto consecutivo (maledizione), ed è avanti a noi di 27 punti (75 contro 48), insomma una voragine. Per questo mister Conte mente sapendo di mentire quando dice che i viola sono favoriti. Praticamente mette le mani avanti e sibila come un cobra prima dell'attacco. Per favore non diciamo sciocchezze e non alimentiamo illusioni: sono i superbi bianconeri in testa ai pronostici. L'uno a uno conquistato all'andata con un improvviso volteggio di Gomez, è un emozionante punto di partenza non una barriera di ferro. Tecnici e tifosi concordano: la Fiorentina di Montella per costruzione e mentalità non è adatta ad attaccarsi a uno zero a zero. Una certa fragilità della difesa è il frutto di un tipo di giocate. E quindi anche oggi ce la giocheremo, prendendoci le nostre responsabilità, correndo i nostri rischi (...).

La rivalità fra le due squadre, rafforzata di recente da vivaci dialoghi fra gli esponenti più alti delle due società, è antica. I ragazzi di oggi vivono, giustamente, l'audace presente; i trenta-quarentenni risalgono alla stagione 1989-'90 quando Roby Baggio fu dolorosamente venduto proprio ai bianconeri; e, in sovraprezzo, ci fu una doppia finale. Per l'appunto europea, che non voglio neppure ricordare. Quelli un po' più maturi risalgono al maggio 1982, con lo scudetto perduto all'ultima giornata dai viola, fra Cagliari e Catanzaro. Ma noi vecchi sappiamo bene che la rivalità esisteva anche negli anni cinquanta (quando spesso i viola arrivano davanti ai bianconeri) per motivi geografici o se preferite sociali. Firenze era (è) assediata da piccole città, in verità non brutte (Pisa, Siena e via dicendo) e da zone rurali che tifano Juventus e detestano, non senza rancore, la Fiorentina. Così nelle curve dello stadio, quando non eravamo proprio pacifici ma grazie a Dio meno violenti e i popoli si mescolavano, capitava di respirare aria di campagna («profumo di stalla» dicevano i fiorentini altezzosi) nelle domeniche in cui la Juventus veniva a giocare al Campo di Marte. Diciamo che l'antipatia era legittima difesa davanti al rustico assalto.

Potrei continuare a rievocare giorni esaltanti: tipo il secondo scudetto diventato matematico proprio a Torino l'11 maggio del 1969 (0-2, gol di Chiarugi e Maraschi, come sinfonia). Ma non è il tempo di memorie, né belle né brutte. Conta soltanto stasera: come disse Butch Cassidy all'amico Sundance Kid, quando erano circondati da un esercito nemico, tentiamo una sortita.

Claudio Carabba - Corriere Fiorentino