In principio fu Neto. Poi è stata la volta di Cuadrado, di Macia, di Montella e adesso pure di Salah anche se il finale dell’ultimo scontro in famiglia è ancora tutto da scrivere, magari in tribunale. Il 2015 della Fiorentina, insomma, è un po’ così. Fatto di attese infinite, tante partenze, molte frecciate, e una sempre più contagiosa voglia di dirsi addio senza usare tanti giri di parole.
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Sei mesi tra addii e rancori. Quante fughe dal progetto
In principio fu Neto. Poi è stata la volta di Cuadrado, di Macia, di Montella e adesso pure di Salah…
Il finale di una bella favola chiamata «Fiorentina Olé» che ha riportato i tifosi allo stadio e il club ai vertici del calcio italiano ed europeo somiglia, giorno dopo giorno, a un’inaspettata e dolorosa resa dei conti dove a farne le spese rischia di essere proprio la credibilità di una società che ha finito per ritrovarsi in troppe occasioni non più padrona del proprio destino. Certo, dopo tre stagioni a grandissimi livelli sia in Italia che in Europa, era anche naturale che si fosse arrivati alla fine di un ciclo sportivo. E, i saluti, soprattutto quando di mezzo ci sono milioni di euro e ambizioni personali difficilmente non lasciano strascichi. Questo 2015 però sembra diverso. Perché all’origine degli addii c’è soprattutto ciò che Macia prima e Montella poi, hanno ribadito in più occasioni con la Fiorentina paragonata a un motore tenuto «al massimo dei giri per troppo tempo» con il risultato di aver portato il club a un bivio storico: cambiarlo quel motore, renderlo più grande e quindi capace di proseguire nella crescita sportiva e non, oppure cercare di mantenere la velocità, nonostante la consapevolezza di aver già fatto il massimo possibile.
Scelte, decisioni, con la spada di Damocle del bilancio e di un monte ingaggi eccessivo. Questione di capire la propria «dimensione» insomma, il concetto usato da Montella qualche settimana fa e rivolto anche a una tifoseria diventata nel frattempo ancora più ambiziosa nelle ultime stagioni proprio grazie all’ottimo lavoro della Fiorentina, sia dentro che fuori dal campo. Una specie di spirale insomma, che sembra aver risucchiato il club viola e i suoi principali protagonisti.
Come Neto, il primo a inaugurare la lunga fila dei «dubbiosi», che in piena stagione scelse di andare contro la società e la piazza non rinnovando il proprio contratto. Erano i primi di gennaio, un mese concluso con la milionaria cessione di Cuadrado, un altro rimasto controvoglia alla fine del mercato estivo e desideroso di lasciare Firenze perché convinto che la maglia viola fosse diventata d’improvviso troppo stretta (i fatti poi non è che gli abbiano dato molta ragione, tra tanta panchina e possibile nuova cessione). In silenzio invece ed evitando con attenzione le polemiche se n’è andato Eduardo Macia, il talent scout che con le sue intuizioni aveva disegnato, insieme a Pradè e Cognigni, la Fiorentina di Montella. Già, l’Aeroplanino, l’ultimo prima di Salah a entrare in rotta di collisione con la Fiorentina. Per questa strana guerriglia, con tanti perdenti e nessun vincitore.
Ernesto Poesio - Corriere Fiorentino
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