Odia le etichette. «Mi chiamano l’ex impiegato, come se aver fatto altro nella vita fosse una colpa» ha detto tante volte. Ha lavorato in banca prima di decidersi a mollare tutto per fare l’allenatore. È stato a Londra, Germania, Svizzera e Lussemburgo. Si occupava dell’area finanza e di grandi aziende. È diventato consulente finanziario per avere più tempo per il pallone, fino a quando ha cambiato vita. Per sempre. Era il 2001, Maurizio Sarri allenava la Sansovino, e ha capito che poteva fare l’allenatore solo se quella diventava la sua attività principale. Scelta di vita - scrive La Repubblica -.
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Scommesse sul campo e pizza negli spogliatoi: ecco l’Empoli di Sarri
Odia le etichette. «Mi chiamano l’ex impiegato, come se aver fatto altro nella vita fosse una colpa» ha detto tante volte. Ha lavorato in banca prima di decidersi a mollare …
Da lì ha viaggiato lungo tutte le strade del calcio, fino ad arrivare alla Serie A. «Certo che me la merito, ho fatto la gavetta» ci ha detto qualche mese fa. Il suo Empoli è una delle squadre più divertenti del campionato italiano. In difesa ha i due centrali della Under 21 di Di Biagio, Bianchetti e Rugani, davanti due ragazzi senza età come Tavano e Maccarone. Non molla mai l’Empoli, proprio come il suo allenatore. Uno che studia calcio tredici ore al giorno e ha una collezione di schemi infinita. Ogni settimana ne sceglie quattro o cinque. L’Empoli ormai gioca a memoria, e domenica affronta la Fiorentina. Almeno trentamila spettatori, questa la previsione. Questa squadra è la sua scommessa. Ha un carattere schietto Sarri, e se qualcosa non gli torna lo dice. Come ha fatto dopo la partita contro la Roma puntando il dito contro la sudditanza degli arbitri.
Pignolo, attento a ogni dettaglio, legge Bukowski e Vargas Llosa, e dopo la partita fa portare la pizza negli spogliatoi. «Ma quella è un’idea del medico. Dice che è ideale e io mi fido di lui». Come si fida dell’Empoli. Un progetto chiaro, senza forzature. Crescere i giovani con pazienza e conservare la Serie A, non c’è altro nei piani di Sarri. Suo padre è stato un ciclista professionista, lui invece ha sempre preferito il pallone. Da ragazzo giocava difensore. Pare che fosse bello tosto. «A quei tempi si marcava a uomo — ha raccontato —. Poi, da allenatore, mi sono innamorato della zona e l’ho studiata». Un’idea di calcio che funziona.
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