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Rossi, tutta la verità sul ginocchio

Menisco lesionato a luglio, serviva un intervento radicale: sarebbe però rimasto fuori un anno

Redazione VN

La verità fa male. Le bugie, talvolta, peggio. Il giorno dopo l’operazione, il bollettino medico di Pepito Rossi fa preoccupare la società viola. E di più, i tifosi. Potrebbe essere anche più lungo il recupero, rispetto ai 4-5 mesi previsti dai medici dopo l’intervento in Colorado. Quattro-cinque mesi sono i tempi canonici di ripresa dell’attività sportiva dopo un intervento di sutura del menisco mediale del ginocchio. Ma questo avviene a condizioni normali, ovvero in un ginocchio con il menisco lesionato, ma sano in tutte le altre strutture che lo compongono: non è così per l’articolazione del campione viola, per il quale i tempi tempi potrebbero allungarsi.

Perché? Nel suo caso, il ginocchio potrebbe sgonfiare molto più lentamente: qualcuno, gli ortopedici meno ottimisti, o forse più realisti (lo dirà solo il tempo), parlano di un rientro quasi a fine campionato. Ma cosa è accaduto a Pepito? La lesione a manico di secchio al menisco era chiara e lampante, una fissurazione longitudinale che ha portato al distacco delle due parti del menisco che ora sono state ricucite: la ferita ha bisogno di tempo per saldarsi, il ginocchio ugualmente per sgonfiare.Tutto ciò risultava già dagli esami fatti e ripetuti a partire da luglio al Cto di Firenze, dove all’altleta e alla società viola era stato consigliato un intervento più radicale di quello effettuato venerdì a Vail, in Colorado: ci sono i certificati a testimoniarlo.

Risultato a tutti chiaro che togliere il menisco avrebbe significato condannare il ginocchio del giocatore a un’artrosi precoce e a una maggiore instabilità, la sutura del menisco era l’intervento minimo cui poteva essere sottoposto per tentare di dare saldezza a un ginocchio che ne ha di per sé poca. Dato che il menisco di Pepito si è fratturato proprio a causa dell’instabilità antero-laterale del ginocchio causata dalla rottura del crociato anteriore, avvenuta nell’ottobre 2011 quando col suo Villarreal giocava contro il Real Madrid. Una lesione che, pur operata ben tre volte, provoca instabilità cronica del ginocchio. Un’instabilità che a sua volta determina, in letteratura ortopedica è legge, un deterioramento dei menischi, gli ammortizzatori delle ginocchia e quindi delle relative cartilagini.

Al traumatologico di Careggi era stato perciò consigliato un intervento radicale: con sutura del menisco, consolidamento del crociato anteriore e plastica laterale. Durata dell’intervento due ore, tempi di recupero: un anno. Ovvero un tempo infinito. Pepito sarebbe tornato in campo nella prossima stagione con un ginocchio nuovo. Ma troppo tempo fuori avrebbe potuto significare, in una situazione di fragilità psicologica in un talento costretto a stare fermo, lo stop definitivo.

Il fatto è che con questo intervento parziale, il campione quando sarà in grado di tornare a giocare, lo farà con un ginocchio non più dolorante come ora, ma ancora instabile e dunque ancora esposto al rischio di nuovi guai. Ma chi si sarebbe messo all’anima una revisione totale del ginocchio con la consapevolezza di lasciare a casa il campione per un anno?

Ci sono centinaia di calciatori al mondo che giocano con articolazioni traballanti, legamenti crociati quasi a pezzi e menischi riappiccicati. Serve anche un po’ di fortuna. E serve che questa cominci a girare per il verso giusto sulla ruota di Pepito e della Fiorentina.

La Nazione