Come sul campo, come quando qualcuno segna: Matteo arriva e gli altri lo celebrano con abbracci, baci e pacche sulle spalle. Matteo è Matteo Renzi, non gioca a pallone ma fa la punta nel Pd, lanciato dal suo partito verso la guida del governo. L’ultima da sindaco della città, la prima da premier (ok, in pectore) è una partita diversa e uguale alle altre.
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Renzi si perde l’1-1 per il buffet
Tutti lo cercano, è una serata speciale
Foto Diversa perché fuori dallo stadio, cancelli verdi dell’ingresso autorità, Renzi è atteso nel pre Fiorentina-Inter da decine di cronisti, fari e telecamere. Qui è solito l’assedio ai Della Valle, padroni del destino viola, non all’(ex) sindaco, futuro padrone del destino del paese. Renzi, abbracciato in tribuna autorità come un centravanti, ora sguscia come un’ala: nessuna dichiarazione pubblica, solo strette di mano alle forze dell’ordine che vigilano sulla zona, «buonasera», «buonasera», «un saluto al Questore» prima di infilarsi al Franchi (sono le 20.41), salire la scala a chiocciola che porta alle poltroncine vip e ricomparire due minuti più tardi (20.43) direttamente sugli spalti. È uno spettatore diverso quando riceve la stretta di Andrea Della Valle, l’abbraccio e i due baci di Diego, le celebrazioni degli altri dirigenti viola e del parterre delle autorità lì presenti. È uno spettatore diverso quando tutti lo cercano: strette di mano, foto, pacche sulle spalle. È uno spettatore diverso quando si attarda al buffet di fine primo tempo: risbuca al 3’ (e 32 secondi) del secondo tempo, dopo che Cuadrado ha già portato la Fiorentina sull’uno pari.
Uguale Per il resto è tutto come sempre, tutto come quando Renzi era «solo» il sindaco di Firenze: la stessa posizione, gli stessi vicini di poltrona (i Della Valle, una fila sopra Cognigni, presidente operativo viola, con il quale lo scambio di opinioni nei primi minuti è fitto), la stessa scaramanzia, o liturgia; Renzi batte le mani all’inno viola, canticchia le strofe, impreca, controlla sul cellulare tweet e sms. Nei minuti finali mordicchia lo smartphone dal nervosismo e a fine partita se ne va con la sua sportiva amarezza. I tifosi - comunque in festa - lo hanno seguito alla fine del match. Lui, a piedi e da solo, non ha perso l’occasione per reclamare: «Ragazzi, era fuorigioco». Ma l’umore era buono. Tanto che a uno di loro («Matteo, siamo in mano tua»), ha risposto: «Pensa come siamo messi!».
La Gazzetta dello Sport
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