Sono stati costretti a chiedere scusa ai loro stessi tifosi gli ultras della Fiorentina. Ma le spinte, le risse, gli ordini assurdi di ritirare le sciarpe e abbassare le bandiere resteranno a lungo nella mente e negli occhi di tutti gli altri tifosi che avevano scelto di comprare il biglietto per la finale e che, nonostante tutto, hanno preferito ribellarsi a chi si arroga il diritto di comandare. «Nessuno può impormi di non tifare la mia Fiorentina»; «Fino a quando loro comanderanno in curva non metterò più piede in uno stadio». Sono solo alcuni delle centinaia di messaggi arrivati fin da sabato notte nelle redazioni di giornali e radio, oppure affidati ai social network perché almeno questa volta non prevalesse il silenzio e la solita, agghiacciante, logica dell'omertà. Uno scatto d'orgoglio di quella «maggioranza silenziosa» a cui per anni si sono appellate le società e le istituzioni, ma che per la mancanza di una voce unica ha finito spesso per perdersi oppure autocensurarsi.
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Quei primi anticorpi che vanno coltivati
Sono stati costretti a chiedere scusa ai loro stessi tifosi gli ultras della Fiorentina. Ma le spinte, le risse, gli ordini assurdi di ritirare le sciarpe e abbassare le bandiere …
Certo, nonostante tutto, non sono mancati cori inaccettabili («Vesuvio lavali col fuoco») e, secondo alcune testimonianze, perfino un tentativo di aggressione a un tifoso napoletano disabile che stava assistendo alla partita in Tribuna Monte Mario, l'altro settore (oltre alla Sud) riservato alla tifoseria viola. Ma qualcosa è comunque cambiato. E forse non è un caso che questa spinta a non farsi schiacciare da una minoranza violenta sia arrivata proprio da Firenze dove da anni i Della Valle portano avanti il sogno di un calcio diverso. Come semi in un vaso, ora gli anticorpi viola sembrano finalmente iniziare a germogliare. Come per le piantine è proprio questo il momento più delicato. E lasciare adesso da soli questi tifosi sarebbe imperdonabile. A partire da oggi quando al Franchi si tornerà a parlare solo di calcio giocato. Con qualcosa di prezioso in più da continuare a coltivare.
Ernesto Poesio - Corriere Fiorentino
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