Cesare Prandelli ha rilasciato oggi un'intervista al Corriere della Sera, firmata Beppe Severgnini. Ecco alcuni passaggi delle dichiarazioni dell'ex Ct, allenatore del Galatasaray:
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Prandelli: “Io non sono mai scappato. Preferii la Fiorentina alla Juve”
L’ex Ct: “Pepito escluso solo per ragioni fisiche. A Firenze restai con i dirigenti inquisiti in Calciopoli…”
Prima domanda: ti sarebbe piaciuto allenare la Juve? I tifosi ti avrebbero accolto meglio di Allegri, hai un passato bianconero. Se solo avessi aspettato qualche giorno, a impegnarti in Turchia...
(pausa) «Per due volte sono arrivato vicino a quella panchina, ma sono orgoglioso della scelta che ho fatto di restare a Firenze. Credevo in quel progetto sportivo».
Da uno a dieci, lo stress dell’avventura mondiale in Brasile.
«Possiamo andare oltre il livello dieci? (ride) Non parlo di stress professionale, lì le critiche feroci ci stanno. Ma quando leggi e ascolti certi attacchi di tipo personale... ».
Ci torneremo. Ma prima: se invece di avventura mondiale la chiamassimo umiliazione mondiale?
«Umiliazione? Umiliazione è anche vedere la nostra Italia che arranca in tutti i settori, purtroppo».
Tre parole per dire cosa non ha funzionato in Brasile.
«È il progetto che non ha funzionato! Pensavamo di giocare in un certo modo e non ci siamo riusciti. Pensavamo di mettere in difficoltà la Costa Rica e non ce l’abbiamo fatta. Questo era il progetto tecnico. Ed è fallito. Punto. La responsabilità è mia».
Convocazioni: rifaresti ogni cosa?
«Sì. Con Montolivo e Giuseppe Rossi la squadra aveva dimostrato una buona identità. Dopo gli infortuni, abbiamo dovuto cambiarla».
Ne hai fatto cenno prima. Leggendo e ascoltando certi commenti, ci sei rimasto male.
«Il diritto di critica è sacrosanto. Ma dev’essere mantenuto nei limiti della verità, della civiltà e delle proporzioni. Secondo me chi ha scritto e detto certe cose si deve vergognare».
La cosa che ti ha ferito di più?
«L’accusa di essere scappato. L’idea della fuga. Non è vero. L’ho dimostrato nella mia vita, personale e professionale. È successo a Parma, dopo il crac Parmalat: sono scappati in tanti, io sono rimasto e con la mia squadrettina siamo arrivati quinti. È successo a Firenze. Non sono scappato. Sono rimasto al mio posto da solo, con i dirigenti inquisiti in Calciopoli, e nonostante questo, senza penalizzazione, saremmo arrivati secondi in campionato».
E...
«E non sono scappato dalla federazione: siamo tutti dimissionari! Quindi io non sono scappato da nes-su-no. Fuga? Fuga de che?».
(...)
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