Pablito e Pepito Rossi, «fratelli» nel cognome. E non sono in quello. L'eroe del Mondiale '82, oggi opinionista Sky, ha parlato al Corriere Fiorentino, queste le sue parole:
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Pablito lancia Pepito: “Lui come me in Spagna”
“Anche io venivo da una lunga assenza e fui convocato in extremis…”
Che analogie ci sono fra te e il bomber della Fiorentina?
«Non poche. Alla vigilia dei mondiali in Spagna io venivo da una lunga squalifica che mi aveva tenuto al palo per quasi 2 anni. Pepito, invece, è rimasto fermo per 5 mesi, dopo l'infortunio del 5 gennaio scorso».
È pazzo Prandelli che dà fiducia a un giocatore che i detrattori definiscono come una sorta di Enrico Toti?
«No, no, Cesare io lo conosco bene perché abbiamo giocato insieme nella Juve sette anni. Lui ha chiamato Pepito perché di attaccanti qualitativamente abili come lui nel campionato italiano non ce ne sono».
Il primo è stato il grande Bearzot, ma anche altri allenatori, altri addetti ai lavori sono convinti che il centravanti viola è il tuo vero erede. Tu cosa ne pensi?
«In effetti nessuno può essere accostato a me quanto Pepito. Però delle differenze ci sono: lui è più potente, lui sa far gol tirando anche da trenta, quaranta metri mentre io ero gracile, davo l'impressione del malaticcio, e la mia specialità erano i gol alla Speedy Gonzales, bruciavo tutti sul tempo per rapidità e agilità a dieci metri dalla porta avversaria».
Ma quante possibilità concedi a Pepito di andare in Brasile?
«Ha un buon 55 per cento di probabilità. Questa è la mia opinione, perché Pepito mi ha fatto strabuzzare gli occhi fin dalla prima volta che l'ho visto all'opera e soprattutto per lui ci stravede il mio amico Prandelli. Io auguro a Pepito, di tutto cuore, non solo che vada in Brasile ma che sia anche protagonista dei Mondiali. Per entrare nella rosa dei 23 sarà comunque decisivo il parere del medico, se dice sì il dottore è fatta».
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