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Nicchi: “I nostri errori usati come alibi”

“Non è vero che non ammettiamo gli errori, anzi”

Redazione VN

La Gazzetta dello Sport ha intervistato il presidente dell'Aia Marcello Nicchi. Ecco le sue battute più importanti:

Presidente, è vero che non ammettete mai gli errori?

«Mi verrebbe da sorridere. Siamo sempre pronti a riconoscere i nostri sbagli. Le dico di più, abbiamo il compito e il dovere di farne il meno possibile, di migliorarci. Ma per quanto saremo bravi, una cosa posso garantirla: le sviste ci saranno sempre. Altrimenti non saremmo umani. Forse ci scambiate per dei robot...».

Questo no, però alcuni errori fanno più scalpore di altri.

«Gli episodi clamorosi sono 4-5 a stagione. La norma in tutti i Paesi. Anzi all’estero sono di più, solo che c’è una cultura diversa e questi argomenti sono liquidati in un paio d’ore. Si preferisce parlare di calcio giocato, tattica e allenamenti. Mi pare che anche Prandelli abbia lanciato un allarme simile. Ma forse è comodo alzare un polverone, accusando gli arbitri».

A che cosa allude?

«Semplice, l’arbitro non ha tifosi. Se qualcuno vuole spostare l’attenzione sul flop della propria squadra, sa bene che basta parlare di noi. E’ un facile alibi, fa presa sull’opinione pubblica. Si parla di complotti, sudditanza, errori a comando e altre banalità simili. E si mascherano i limiti. Ecco perché parlo di cultura sbagliata: non si cambia in un amen. Bisogna partire dalle scuole, spiegare che l’arbitro fa parte del gioco, sbaglia come un attaccante. Va semmai aiutato, perché compie una sorta di missione. E non parlo di chi dirige in A, ma dei ragazzi che ogni settimana vanno in giro per le periferie e consentono lo svolgimento di tutti i campionati. Sa che nella scorsa stagione ci sono state oltre 600 aggressioni? Giovani picchiati per un rigore. Le sembra normale?».

Allora perché non aprire alla moviola in campo?

«Oh, eccola qui la domanda. Bene, così facciamo chiarezza. Gli arbitri applicano il regolamento, mica lo facciamo. Sulla tecnologia a essere contrari sono Ifab, Fifa e Uefa. Punto. E se vogliamo dirla tutta la richiesta della moviola in campo è una mania italiana: alle altre Federazioni interessa poco o nulla. Per il discorso che facevo prima: modo diverso di vedere il calcio. Se vuole la mia opinione, dico che può andare bene per il gol non gol, ma sono più utili i giudici di porta. Faccio un esempio?».

Prego...

«Da quando li abbiamo introdotti, in A sono spariti i casi di gol fantasma: prima erano 5-6 a stagione. In B, dove per ragioni economiche non ci sono, abbiamo dei problemi, come accaduto a Cesena. Senza contare che gli addizionali sono di supporto all’arbitro anche per altre situazioni. Ecco perché la considero una novità importante, senza aver snaturato il calcio».

A che cosa si riferisce?

«Prendiamo Roma-Inter. In campo l’arbitro e i suoi collaboratori non hanno visto degli episodi. Un errore, certo. Ma sono situazioni particolari, in mischia. Nessuno aveva protestato per il pugno di De Rossi. Poi alla fine del primo tempo la tv lo svela. Accade perché ci sono 25 telecamere. Domanda: per Chievo-Sassuolo quante sono? Otto, forse 9. Quindi è probabile che qualche calciatore sia riuscito a farla franca perché gioca in una squadra considerata non importante. Due sono stati squalificati, altri no. La facciamo una riflessione?».

Ha parlato con i dirigenti di Inter e Fiorentina?

«Con me non si sono fatti vivi. Le proteste? Lette sui giornali, ma noi siamo qui: basta chiamare alla Federazione e daremo tutte le risposte tecniche che vogliono. Di più: ogni settimana possiamo mandare un arbitro nei ritiri delle squadre. Giusto designare Gervasoni come addizionale in Milan-Juve dopo le polemiche di Parma? La domanda va fatta a Braschi, ma se lo ha schierato riteneva corretto farlo. E ha avuto ragione. L’Inter senza rigori? E’ un caso, oppure credete che andiamo in campo con il bilancino per equilibrare le statistiche. Certo, possono esserci stati degli errori, ma finisce qui. Quando sono arrivato c’erano le macerie di Calciopoli. Adesso sono orgoglioso di aver ridato trasparenza e autonomia al mondo arbitrale».

Braschi a giugno lascia dopo 4 stagioni.

«E’ un ragazzo leale e scrupoloso. Ha lavorato in crescendo: la sua squadra domenica gli ha dedicato la “vittoria”. Non era facile dirigere bene dopo le polemiche. Sono stati bravi a dimostrazione della qualità di un gruppo invidiato all’estero e richiesto in continuazione. Non a caso abbiamo 10 internazionali e Pierluigi Collina designatore Uefa».

Il dopo Braschi è deciso?

«Non arriveremo a giugno con le mani in mano. Abbiamo ottime risorse interne, come Farina e Messina. Rosetti? L’ho voluto io alla Can B, conosco il suo valore. Verso di lui non c’è nessuna preclusione: è andato in Russia magari mettendoci un po’ in difficoltà, ma la sua crescita è indiscutibile. Sarebbe sbagliato non considerarlo per quelle dimissioni. Ripeto: nessuna preclusione».

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