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Neto, un giorno da numero 1 per conquistare le Olimpiadi

La grande occasione di un portiere che deve dimostrare tutto a Firenze

Redazione VN

C'è la prova del nove, e quella dell’uno. Inteso come portiere. Per Norberto Murara Neto quella di oggi pomeriggio non sarà la solita domenica fatta di panchina e coperta sulle gambe. E non per il clima, ormai quasi estivo, ma perché per la prima volta dal suo arrivo a Firenze il brasiliano sarà titolare in campionato. Un paio di apparizioni in Coppa Italia (Empoli e Roma) e poco altro. Prestazioni nella norma, senza miracoli o papere. Poco per capire davvero se questo ragazzino può essere il futuro. La sua è una storia particolare. In patria lo considerano (o consideravano?) un predestinato. Erede designato dei vari Taffarel, Dida o Julio Cesar. Già, il portierone dell’Inter. Sicuramente il miglior portiere verdeoro, senza dubbio uno dei più forti al mondo. Per tutti, non per Neto. «Il mio idolo è Taffarel », ama ricordare. Questione di stile, o chissà di che cosa. È stato Pantaleo Corvino a volerlo. Così tanto da spendere quasi quattro milioni per strapparlo all’Atletico Paranaense. Non solo. Nel gennaio 2011 in molti si aspettavano e speravano in un colpo dal Sud America, ma certo non un portiere. Del resto c’erano già Boruc e Frey. Poi il francese si fece male, e il brasiliano divenne il “numero dodici”. Lo è tuttora. Eppure in estate c’era chi scommetteva sul contrario.

«Neto è il presente e il futuro della Fiorentina », disse Mihajlvoc. E ne era pure convinto, tanto che nelle prime amichevoli di Cortina lo schierò dal primo minuto. Il risultato fu un disastro. Un paio di errori inguardabili. Gol sotto le gambe, rinvii coi piedi perfetti come assist per gli avversari. Abbastanza per convincere Sinisa che, forse, aveva corso un po’ troppo. Meglio puntare su Boruc, mentre Frey se ne andava al Genoa. In quei giorni girava una battuta del polacco. Pare che negli spogliatoi a chi gli chiedeva chi fosse più forte tra lui e Seba rispondesse: «Neto ». Tanta roba. Le qualità ci sono, evidentemente, e in allenamento emergono spesso. Personalità, carattere e un sacco di strilli. Quando la Fiorentina ha ospitato l’Empoli, in Coppa Italia, il Franchi era talmente deserto che le urla del brasiliano si potevano sentire dagli spalti. Un grande merito, per un classe 1989.

Eppure il ragazzo è finito in panchina, mettendo seriamente a rischio la partecipazione alle prossime Olimpiadi. Ci teneva (e ci tiene) parecchio, e dicono che sia molto triste per la probabile esclusione. È il calcio. Se non giochi nel club, andare in Nazionale diventa complicato. Specialmente se sei un giovane. Perché l’Italia è un Paese per vecchi, soprattutto quando si parla di portieri. Il ruolo più difficile, insieme all’attaccante. Gli errori pesano e rimediare è praticamente impossibile. Meglio puntare sull’esperienza, insomma. Adesso, finalmente, la grande occasione. Neto lo sa, e in settimana ha lavorato come un matto. Ha voglia. Tantissima voglia. C’è Londra, in palio. E la Fiorentina. Cosa accadrà il prossimo anno nessuno lo sa davvero, anche se tutto fa pensare ad una rifondazione. Con facce nuove e, se possibile, molti giovani di valore. Anche in porta. Del resto Boruc potrebbe cambiare aria, stanco di un campionato che non lo emoziona e attratto dalle sterline della Premier League. Ora o mai più, per intendersi. Neto deve convincere tutti che ci si può fidare, che si può puntare su di lui per la viola che verrà. A partire da oggi. Di mezzo c’è pure il destino. Contro l’Atalanta, a Bergamo, Jovetic segnò il suo primo gol in Serie A. Un altro ‘89, un altro predestinato. La speranza è che la storia posso ripetersi.

Matteo Magrini - la Repubblica