stampa

Mutu, Frey e Gila vite da desaparecidos dopo il divorzio viola

L’articolo di Benedetto Ferrara

Redazione VN

Partire è un po’ sparire. Perché il progetto Fiorentina non sarà un granché, ma non è che altrove tutti vissero felici e contenti. Anzi. Felicità poca o nulla. Per non dire della gloria. Prendi Gilardino. Qualcuno ha notizie? Eppure era un grande attaccante. Grande senso del gol e della posizione. Uno furbo da morire. Era viola e azzurro. Se c’è uno che deve aver somatizzato a palla l’addio di Prandelli è stato lui. O forse gli addii, visto che pure la nazionale gli è sparita sotto gli occhi. La Fiorentina lo ha sacrificato nel gennaio del grande esodo (di punte). Preziosi, uno che cambia giocatori neanche avesse un bancarella dell’usato in San Lorenzo, ci ha speso anche un pacco di soldi. E così il buon Gila ha lasciato il mesto progetto Fiorentina per salire sul fantastico ottovolante dei giochi Preziosi. Quelli dove gli allenatori vanno e vengono e Marco Rossi raccoglie le maglie da consegnare alla curva neanche fosse una lavanderia. Beh, tra la pochezza viola e il Genoa pulp di sicuro c’era da rimpiangere il viso pallido e assorto del super commercialista Mencucci. Quattordici presenze per 4 gol. Poca roba.

Chi invece di gol ne ha visti parecchi (nella sua porta) è il buon Sebastien. Fermi tutti: mica colpa sua. Il Genoa difendeva con l’ardore di un bradipo sovrappeso in pensione. E alla fine Frey è risultato pure uno dei migliori, questo va detto. Però diciamocelo: di sicuro stava meglio prima Ma, come noto: sia Frey che il Gila guadagnavano

troppo e il progettino Preziosi era l’unico praticabile, evidentemente. C’era finito anche Dainelli, lì. Per poi saltare al Chievo. E vogliamo parlare di Adrian? Perché quello era un fenomeno vero. Sì, certo, un fenomeno anche a far saltare i nervi ad allenatori e dirigenti. Però, per immaginarlo protagonista di una retrocessione a Cesena sarebbe servita molta fantasia, almeno fino a un paio di anni fa. E anche lui, a modo suo, era un figlioccio dell’attuale ct, anche se le sue bravate avevano messo a durissima prova il rapporto. Finito quel periodo finito tutto. Mutu guadagna troppo e rende poco, locali notturni a parte.

Lui, Santana e Comotto retrocedono in banda col Cesena. E pensare che Anfield road mica era poi così lontana nel tempo. Ma il calcio è così. E a volte è il rinterzo a metterti nei guai. Il buon Santana, in effetti, se ne era andato al Napoli con Donadel. Bei contrattoni da svincolati, anche se tutti e due sarebbero rimasti più che volentieri qui. Beh, l’argentino a gennaio se n’è andato via. Mentre il biondo è rimasto dietro le quinte, per colpa soprattutto di un infortunio. Non sarà certo un caso se Donadel sta cercando di tornare a Firenze, dove ha comprato casa e si è sempre trovato benissimo.

Già. A proposito di ritorni: e Pazzini? No, non che sia cosa certa. Anzi, visto l’ingaggio da interista quasi certamente la cosa resterà solo un’idea sospesa in aria. Però è buffo: pure lui, che sembrava destinato a diventare un rimpianto di quelli pesanti, alla fine si è normalizzato, tanto che l’Inter pensa seriamente di liberarsi di lui, che gli Europei se li vedrà alla tv. Non che questo debba sminuire il suo valore. Ma di sicuro anche il Pazzo di gloria ne ha trovata giusto un po’, o meno di quella che era lecito immaginare. D’altra parte perfino Luca Toni dopo Firenze non aveva fatto chissà cosa. In Italia, intendiamo, perché al Bayern, all’inizio, sembrava inarrestabile. Ma quelli forti, se possibile, si vendono all’estero, così uno evita di fare brutte figure coi tifosi. Infatti, quando è tornato nel nostro campionato, Toni era un pensionato che saltava dalla Roma alla Juve al Genoa come una comparsa qualunque. Certo, in una Fiorentina senza punte avrebbe fatto comodo anche lui. Ma anche Castillo, diciamocelo.

Va anche detto che c’è anche chi è stato rimpianto. Maggio sicuramente ha fatto il salto, soprattutto grazie al modulo di Mazzarri. Balzaretti qui non è stato capito (ma anche lui allora non ci aveva capito un granché). Poi c’è Osvaldo, che a quei tempi non era esattamente maturo, ma di sicuro aveva già mostrato segnali importanti di qualità e sostanza. Lui e Maggio (Kuz ha fatto bene ma niente di clamoroso), probabilmente, sono i veri rimpianti. Pochi, considerando il numero di esuli complessivi. Quelli a cui si era spenta la luce negli occhi, quelli che nessun elettrauto della psiche ha rimesso a posto, evidentemente.

Benedetto Ferrara - la Repubblica