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Montella contro Conte, i gemelli diversi

Fiorentina e Juve si somigliano. Sia Montella che Conte hanno stampato in testa un 3-5-2 virato in chiave offensiva. Questo per dire che gli esterni in realtà sono più ali …

Redazione VN

Fiorentina e Juve si somigliano. Sia Montella che Conte hanno stampato in testa un 3-5-2 virato in chiave offensiva. Questo per dire che gli esterni in realtà sono più ali che terzini e, comunque, in fase di possesso palla entrambe le squadre vivono una strana metamorfosi che trasforma il tutto in un 3-3-4 decisamente coraggioso. I due tecnici, infatti, hanno trovato il loro equilibrio in una formula perfetta, figlia del coraggio ma anche di quello che è il loro punto fermo, il cardine del tutto, cioè il regista. Pirlo e Pizarro: il gioco sono loro. Tempi, lanci, cambi di ritmo e distanza tra i reparti. Non è un caso se i due allenatori sono arrivati alla difesa a tre dopo aver navigato in altre acque a lungo. Ma con Pirlo e Pizarro così si gioca. Anche perché la cosa funziona eccome. E, secondo la regola del calcio contemporaneo (che poi ripesca un concetto antico), il regista non è mai uno solo. Perché uno dei tre centrali deve saper giocare a calcio (Gonzalo e Bonucci). E bene. Deve saper uscire palla al piede, o trovare il lancio di quaranta metri sull’esterno, che significa poter giocare su maggiori variabili offensive e mettere in crisi le difese avversarie.

Insomma, parliamo di due squadre che amano trattare con gusto la palla e lavorare su segmenti di forte intensità. Il volume di gioco è massiccio e non sempre a questo corrisponde una concretezza sotto porta. E’ un pezzo che la Juve è in cerca del famoso top player. E pure la Fiorentina. Il caso Berbatov spiega bene la faccenda. Ma se nei concetti di gioco Montella e Conte si somigliano parecchio, è bene anche dire che dal punto di vista caratteriale e dello stile i due vivono su fronti opposti. Basta vedere i loro comportamenti in panchina. Montella sembra quasi freddo, distaccato. Una espressione unica, la sua. Almeno se confrontata all’emotività sfrontata del tecnico della Juve, che si muove e si agita come un matto. Arrivando pure a diventare protagonista di scene poco edificanti. Ma Conte è così. Nasconde poco. E’ polemico, spesso antipatico, tanto che qualcuno lo paragona a Mourinho, la cui vena provocatoria però è più figlia della costruzione di un personaggio che dell’incapacità di trattenersi. Mourinho inventò le manette. Conte il mantra dell’“Agghiacciante”. Il primo fu cool. Il secondo, in quel caso, decisamente comico.

E Montella? Montella è più calcolatore. Più studiato. Se non fosse che una volta, per rabbia, gli scaraventò contro una bottiglietta, potremmo dire che somiglia un po’ a Capello. Almeno quando tira fuori quello sguardo di ghiaccio. Perché l’aeroplanino ha stile. E’ giovane, carino, elegante ma mai eccessivo. Sicuramente anche timido, anche se la scuola da commentatore Sky gli ha permesso di crescere dal punto di vista della comunicazione. Uno studio attento, quello di Montella, che già negli ultimi anni di calcio attivo si è messo a bere libri di psicologia. Perché quando sei uscito da poco dal gruppo non è facile acquisire il carisma. Ognuno ha i suoi sistemi. Conte, per esempio, vive lo spogliatoio quasi come fosse un giocatore. Il tecnico della Fiorentina, invece, ha un approccio apparentemente più formale e rigido. Forse perché sa che certe distanze vanno tenute, poi c’è sempre spazio per il dialogo, anche se sul rispetto delle regole non c’è mai da discutere. E chi sbaglia esce, e poco importa quello che pensano i tifosi. I casi Viviano e Roncaglia spiegano tutto, compreso il fatto che la porta per tornare è sempre aperta. Ma entrambi i tecnici hanno in comune anche uno spirito aziendalista decisamente attivo. Sia Montella che Conte partecipano in prima persona alle scelte di mercato. Non solo indicando nomi ma, come ha fatto di recente il tecnico della Fiorentina, anche spingendo avanti le trattative. Chiamando Pizarro e Aquilani, per esempio. O Di Natale, anche se poi in questo caso tutto si è fermato lì. Insomma, quella di domani è anche la sfida tra due allenatori tanto diversi nei modi quanto simili del concepire il gioco del calcio. Una sfida vera. E decisamente viva.

Benedetto Ferrara - La Repubblica