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Montella & co: tecnici senza pazienza

L’ultima fibrillazione è stata quella di Vincenzo Montella: «Il mio futuro? Non lo so. Devo ancora parlare con la presidenza, ma ci sono tutti i presupposti per restare». Che è …

Redazione VN

L’ultima fibrillazione è stata quella di Vincenzo Montella: «Il mio futuro? Non lo so. Devo ancora parlare con la presidenza, ma ci sono tutti i presupposti per restare». Che è parecchio diverso dall’affermare: «Resto di sicuro». Anche l’Aeroplanino ha voglia di volare? E così, con l’aggiunta della Fiorentina, completiamo l’en plein: sulle panchine della prime cinque del campionato, per una ragione o l’altra, pende un grosso punto interrogativo. Conte, Mazzarri e Montella condividono un destino parallelo: sono reduci da stagioni positive, vogliono alzare l’asticella delle proprie ambizioni, ma non sono sicuri di poterle realizzare sull’attuale posto di lavoro.

Far fruttare i propri meriti e puntare a migliorarsi è un’aspirazione professionale più che legittima. Lo abbiamo già detto: senza sostanziali ritocchi di qualità, questa Juve difficilmente può essere competitiva in Europa e, dopo essere stata saccheggiata nelle motivazioni, più difficilmente potrà confermarsi in Italia. Mazzarri sa di avere ottenuto il massimo dal suo Napoli, che quasi sicuramente saluterà Cavani. Montella teme di perdere i suoi gioielli e sa che l’oculata politica di bilancio della Viola compenserebbe fino a un certo punto le perdite eccellenti. Esasperando la sintesi, possiamo dire così: tutti e tre sentono di possedere il tesoro di un gioco, ora pretendono i campioni che sappiano trasformare quel tesoro in grandi vittorie. Conte li chiama top-player, Mazzarri dà riferimenti economici e chiede a De Laurentiis campioni di caratura internazionale da 30-40 milioni. Nessuno dei tre dice chiaramente che se ne andrà, ma intanto sbircia altrove. Tra mezze promesse di restare e mezze minacce d’addio, prolungano un surplace come neppure Maspes e Gaiardoni.

Tutto legittimo, abbiamo detto. Ma proviamo a spostarci un attimo dal punto di vista delle società. Da sempre gli allenatori si lamentano della frenesia dei presidenti che non hanno la pazienza di attendere lo sviluppo di un progetto tecnico e cacciano i mister ogni 5 minuti. Come la mettiamo ora? Questa Juve è appena nata, la Fiorentina è ancora nella culla. Che senso avrebbe lasciare il Napoli senza avere vinto nulla di importante? Stavolta che la pazienza e l’abilità di costruzione l’hanno messa virtuosamente i dirigenti, sono gli allenatori che smaniano per andarsene e usano le proprie creature come tappeti elastici per un salto di carriera. Questo sarebbe il progetto? Guadagnare di più, avere una squadra più forte? A parole invidiano i giovani degli altri, si lamentano del nostro calcio vecchio, poi, invece di covare nel tempo una squadra in crescita e provare il gusto della formazione, pretendono campioni belli e finiti. «Presidente, o me li dai o non gioco più!». Il buffo è che l’unico che sembra rendersi conto dei tempi di crisi e che ha accettato di rifondare una squadra senza fenomeni, lo vogliono cacciare: Allegri.

Luigi Garlando - La Gazzetta dello Sport