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Mihajlovic, dagli attributi a Jfk

L’incipit dell’articolo di Benedetto Ferrara

Redazione VN

Una mattina Sinisa detto “persciò” arrivò col suo bolide davanti al distributore di piazza Ferrucci. Era allenatore della Fiorentina da pochi giorni e i tifosi “sprandellati” confidavano nel suo credo. Chi molto, chi poco, chi zero, chi faceva finta di confidare perché avvolto da un drammatico senso di solitudine. Quella mattina il benzinaio tifoso e simpatico lo salutò con ammirazione, poi gli disse una cosa del tipo “Forza mister” e il mister, dopo aver risposto al saluto, fece una specie di smorfia e quindi soffiò una frase del tipo: «Mah, la vedo dura».

Due anni e mezzo e molte delusioni dopo, il tecnico più sciarpato della seria A, insieme ai suoi “persciò”, travolge tutti dopo aver ribaltato la Samp e pure se stesso. Le sue teorie sugli uomini veri, sul calcio degli attributi, tutte quelle storie che facevano ridere e piangere ai tempi di Kharja, adesso sono vangelo per appassionati di pallone e versi di poesie per far felici i cronisti troppo spesso prigionieri tra le sbarre delle banalità. L’uomo che non deve chiedere mai, il caratterista del machismo pallonaro è salito sul palco a raccogliere applausi. Ora ci sono 31 punti in diciotto partite, una media da paura e la dimostrazione che Sinisa c’è. Eccome se c’è. E nel frattempo ha pure aggiornato il suo repertorio, travolgendo con versi di Dante e citazioni di Jfk le interviste del prima e dopo, diventando una specie di star e cancellando i giorni bui della Firenze che scappava dallo stadio, tradita da una squadra pallida, da un allenatore tutto chiacchiere e distintivo e da una società immobile davanti al bivio: mollare o rilanciare? La seconda, certo.

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