Nel mercato di riparazione di ottobre doveva andare ad Avellino, invece arrivò a Firenze e sostituì addirittura Antognoni per cinque mesi nel campionato 1981-82, quello dello scudetto scippato a Cagliari all’ultima giornata. Luciano Miani - si legge su Viola Week, inserto de La Nazione dedicato alla Fiorentina - era un jolly di centrocampo e si era conquistato una maglia da titolare (la numero 3) proprio in quel Fiorentina-Genoa 3-2, la partita in cui Antognoni rischiò la vita dopo lo scontro con il portiere Martina. "Avevamo appena perso 2-1 a Cesena, io ero andato in panchina e De Sisti, mentre tornavamo negli spogliatoi, mi disse: Luciano, domenica giochi tu. Io dovevo curare il centrocampista più temibile del Genoa, Vandereycken, poi l’infortunio di Antognoni cambiò tutto".
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Miani ricorda: “Ero incosciente, ma sostituii al meglio Antognoni”
Giocava col numero 3. Sostituì con onore il capitano infortunato
Ventidue partite senza sconfitte, ma per Luciano Miani soprattutto 14 gare con la maglia più pesante, la numero 10 del capitano Antognoni. "Nessuno dei miei compagni la voleva indossare, allora De Sisti venne da me e mi chiese se avessi problemi a giocare con il 10. Avrei problemi con il 13 o il 14, risposi io. Sapevo che non potevo neanche avvicinarmi alla grandezza di Antognoni, fui anche un po’ incosciente, ma in quella squadra di campioni riuscii a dare il meglio di me". Miani segnò pure 4 gol, 3 dei quali decisivi. E quando rientrò Antognoni, lui continuò a giocare titolare. Prima con la maglia numero 3 poi con l’8, al posto di Pecci infortunato nelle ultime cinque partite. "Eravamo una grande squadra e una grande società, ma anche una grande famiglia. Ricordo che tutti i mercoledì avevamo la doppia seduta di allenamento e poi la sera andavamo insieme a cena alla trattoria Vittoria".
Poi ci fu quel maledetto 16 maggio 1982, il gol annullato a Graziani a Cagliari e lo scudetto alla Juve, vittoriosa a Catanzaro su rigore. "Tornammo allo stadio e trovammo migliaia di tifosi che ci osannarono nonostante la delusione. Eravamo distrutti, ma ricordo che non ci abbandonarono. Io all’epoca abitavo a Scandicci e un gruppo di tifosi mi accompagnò fino a casa".
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