Un giorno Sinisa tiene un monologo nello spogliatoio. Poi alla fine urla: insomma, passate palla a Alessio. Lo ripete più volte. D’altra parte il ricciolo Cerci Alessio, quando è in palla, fa sballare tutte le difese. E allora il serbo insiste: «Passate palla a Alessio», finché a un certo punto il mitico Boruc, uno che si faceva molto i fatti suoi, alza la mano e chiede: «Scusi mister, posso fare una domanda? Ma chi è questo Alessio?». La storiella è stata raccontata da un giocatore di quella Fiorentina e ha fatto il giro della città.
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Maserati, gol e polemiche: le vite spericolate di Cerci
L’articolo di ‘saluto’ di Benedetto Ferrara su La Repubblica
Che sia vera o solo un’invenzione, la storia sintetizza in ogni caso il senso di quella squadra strampalata e di uno spogliatoio unito come quello del Pd. Certo che intorno al grande nulla lungo due anni e passa sono accadute molte cose strane, vicende che hanno scatenato un po’ la rabbia e parecchio l’ironia del tifoso affranto alla ricerca di una battuta che gli mettesse almeno un po’ di buon umore addosso. Oltre alle risse di Mutu, al Frecciarossa di Kharja e ai ribaltamenti di Vargas, il protagonista assoluto era proprio Alessio da Valmontone, giocatore di grandi qualità capace di dividere gli umori della gente e forse anche i propri: fortissimo, incostante, istintivo, indolente, provocatorio ma in fondo buono come il pane. Adesso Cerci se ne va. Il Torino di Ventura, il tecnico che lo aveva lanciato al Pisa, sta per chiudere l’operazione con Pradè (2,5 per la metà). Con l’addio di Alessio “Parking” Cerci siamo a meno uno. Quando anche Vargas sarà piazzato i conti col passato recente saranno definitivamente chiusi.
Però, va detto, il ricciolo con la passata e i pantaloncini arrotolati sulla coscia, il suo fascino ce l’aveva eccome. Il suo è un calcio vintage, quello del tornante che non torna. Fenomeni spesso imprendibili con la palla, sbadati turisti del campo se c’è da faticare in nome del gruppo. Sì, però i numeri dicono che Alessio Cerci è il secondo marcatore della Fiorentina figlia del buio. Insomma, con un carattere diverso forse lui sarebbe entrato a pieno diritto nel cuore della gente diventando un intoccabile. Però va detto che Montella l’occasione gliel’ha data, a Moena. Poi deve aver visto che non era il caso. Cerci o è una stella o non è, e qui adesso la concorrenza è tanta e il gruppo è diventato una cosa seria con obiettivi serissimi. A Montella non importava se il ragazzo parcheggiava il Maserati nel posto sbagliato o se la leggenda (solo leggenda, in questo caso) narrava le sue avventure a spasso per San Frediano con un gatto al guinzaglio. Quello che conta è l’impegno e la maturità da ora in poi. Cosa che Cerci mostra un po’ si e un po’ no.
E senza l’amico Lollo (De Silvestri) tutto era diventato ancora più difficile. Lollo e lui, con relative fidanzate, stavano spesso insieme. Due a spasso per la città, col primo che cerca di spiegare al secondo le regole semplici della convivenza tra esseri umani. Tipo che per andare da Ponte Vecchio a San Frediano sgasare e sgommare col Maserati non è obbligatorio. Tipo che litigare con un vigile o un tassista (magari tifoso della Fiesole) non deve essere una grande idea. Peccato, però. Perché il piede e il sinistro erano belli per davvero. E poi quei giocatori capaci di scatenare emozioni contrastanti hanno sempre quel qualcosa in più che fa pari col qualcosa in meno che portano in dotazione. E la fidanzata ne sa qualcosa, tra twit ingenui e scenate in tribuna al Franchi. Che poi, insomma, viva la sincerità. Tutti infamano Alessio e lei zitta. Poi lui segna e quelli che lo infamavano gridano «Grande Cerci...». E allora lei si gira e urla: «Aoh, ma che t’applaudi che lo stavi a infamà». Scenette da stadio. Dei classici.
Comunque, la verità è che l’Henry di Valmontone di cose buone ne ha fatte parecchie. Ma anche di errori. E poi, diciamocelo, uno come lui è difficile da sistemare nella logica del calcio di Montella. E al di là come la si possa pensare, noi gli auguriamo un futuro pieno di soddisfazioni. D’altra parte ci sono frasi fatte sempre valide per chi naviga nel mondo del pallone. Tipo quella che dice: beh, se avesse avuto anche il carattere uno come lui era al Real. Sì. O al City, come raccontava (o inventava?) qualcuno per giustificare il colpaccio di mercato. L’importante, come dire, è che qualcuno regga la parte mentre l’altro abbocca. Tipo poker. Già.
Benedetto Ferrara - La Repubblica
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