DALL’INCHIESTA sulla morte di Riccardo Magherini emergono dubbi sulla qualità dei primi soccorsi e sul ruolo che può aver avuto, nel causare una insufficienza respiratoria, il lungo tempo in cui è stato tenuto immobile, faccia a terra, ammanettato sul dorso. La polizia giudiziaria ha ascoltato ieri negli uffici del palazzo di giustizia Guido e Andrea Magherini, padre e fratello di Riccardo, morto a 40 anni non ancora compiuti la notte di domenica 2 marzo dopo una tremenda crisi di panico e dopo essere stato bloccato dai carabinieri in Borgo San Frediano.
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Magherini, il legale parla di “negligenze”
DALL’INCHIESTA sulla morte di Riccardo Magherini emergono dubbi sulla qualità dei primi soccorsi e sul ruolo che può aver avuto, nel causare una insufficienza respiratoria, il lungo tempo in cui …
Le cause della morte di Riccardo non sono state ancora chiarite. La autopsia ha escluso eventi traumatici, cioè violenze. Sono in corso esami istologici e tossicologici per capire quali sostanze avesse ingerito quella sera la vittima e che cosa possa aver causato l’arresto cardiaco. Intanto la polizia giudiziaria e l’avvocato della famiglia, Luca Bisori, stanno ricostruendo, attraverso le testimonianze, ciò che è accaduto quella notte in Borgo San Frediano. E’ circa l’una quando Riccardo, travolto da una crisi di panico, sveglia il quartiere con urla lancinanti. Crede di essere inseguito, strappa il cellulare a un pizzaiolo, si infila in un’auto, scende in corsa, entra a razzo in un’altra pizzeria ma schizza subito fuori sbattendo violentemente contro la porta a vetri. La prima pattuglia di carabinieri lo trova in ginocchio per strada. I due militari si avvicinano a braccia aperte, cercano di tranquillizzarlo. Riccardo è fuori di sé ma non ha un comportamento aggressivo. Consegna il cellulare agli amici del pizzaiolo derubato. Poi, forse temendo di poter essere accusato di furto o rapina, cerca di allontanarsi. Intanto è arrivata la seconda pattuglia di carabinieri. Uno di loro gli si para di fronte. Gli altri tre intervengono, cercano di bloccarlo. Finiscono tutti sul cofano di una Fiat Doblò. I carabinieri riescono ad applicare a Riccardo una prima manetta di sicurezza, lui si divincola e colpisce involontariamente alla fronte con le manette uno dei carabinieri. Cadono tutti a terra e a quel punto i militari riescono ad applicargli il secondo bracciale delle manette dietro la schiena. Le procedure di immobilizzazione prevedono di tenere a terra, in posizione prona, la persona bloccata. In attesa dell’ambulanza, chiamata già mentre la prima auto dei carabinieri si dirigeva verso Borgo San Frediano, uno dei militari resta a terra addossato a Riccardo e lo blocca tenendo le mani sulle manette. Il fermato si dispera ma d’un tratto smette di chiedere aiuto e di divincolarsi. Arriva la prima ambulanza con tre paramedici a bordo. Dopo un breve colloquio con i carabinieri, uno si china su Riccardo e gli applica a un dito l’ossimetro (o saturimetro), un apparecchio che misura il livello di ossigeno nel sangue. In condizioni normali, la percentuale di emoglobina satura di ossigeno nel sangue è maggiore del 95%. Secondo quanto riferito,l’ossimetro applicato al dito di Riccardo dava valore 0. Un valore da allarme rosso. Sembra però che, forse ipotizzando che l’apparecchietto non funzionasse, il volontario abbia posto la mano davanti alla bocca e al naso di Riccardo e abbia detto: “Respira”. Perciò il fermato resta disteso sull’asfalto, a faccia in giù, ammanettato dietro la schiena e a torso nudo, mentre al 118 viene richiesta una seconda ambulanza conmedico a bordo per sedarlo, anche se ciò appare un controsenso visto che Riccardo è già immobile. Quando infine arriva la seconda ambulanza, il paramedico che per primo si avvicina all’uomo steso a terra si accorge subito che è in arresto cardiaco. A quel punto vengono messe in atto tutte le possibili manovre — massaggio cardiaco, intubazione, respirazione artificiale, adrenalina — ma non c’è più niente da fare.
Riflette l’avvocato Bisori: «Da questo quadro emergono profili di possibile negligenza di coloro che sono intervenuti. Si tratta di capire se le negligenze effettivamente ci sono state e se hanno avuto un ruolo nella morte di Riccardo Magherini. Se non ci fossero state, forse oggi Riccardo sarebbe ancora vivo. Me lo chiedo e spero che le indagini possano darci una risposta».
FRANCA SELVATICI - La Repubblica
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