stampa

L’uomo che spaventa la Juventus

Non è vero che tutti i trentanovenni di oggi sfruttano Firenze come trampolino di lancio per le proprie mire romane, destinazione Palazzo Chigi. Ci sono pure quelli che fanno il …

Redazione VN

Non è vero che tutti i trentanovenni di oggi sfruttano Firenze come trampolino di lancio per le proprie mire romane, destinazione Palazzo Chigi. Ci sono pure quelli che fanno il percorso inverso, che si fermano in riva all’Arno, si innamorano e fanno innamorare. Come Vincenzo Montella, partito da Roma, ha fatto tappa a Catania ed è giunto a Firenze, dove ha definitivamente conquistato i tifosi viola con quei quattro gol all’odiata Juventus. E che oggi si ritrova ancora di fronte, primoincrocio dei tre previsti indodici giorni, complice l’ottavo di Europa League. Montella è un esemplare raro: è uno dei quattro, insiemea Ancelotti, Mancini e Garcia, ad aver battuto Conte in stagione. Ma è l’unico ad esserci riuscito in campionato.

Montella e Conte sono i volti freschi, ma già di moda, del calcio italiano. Non a caso, in settimana lo juventino ha ricevuto la Panchina d’oro, ma il collega viola è arrivato subito dietro, con soli 3 voti di differenza. Accomunati dall’ambizione, li divide il carattere: irascibile e pronto allo scontro quello di Conte, pacato e ponderato quello di Montella. Lontani i tempi degli eccessi, come lo screzio con Capello nel 2001, tra insulti e lancio di una bottiglietta, e quella volta che si fece ritirare la patente mentre sfrecciava sul Raccordo Anulare, in compagnia di Candela. Il Montella di oggi, mai sopra le righe, emerge pure in conferenza stampa: «La squalifica di Borja Valero? Vorrà dire che sarà più fresco in Coppa Italia», ha scherzato, gettando acqua sul fuoco acceso da Andrea Della Valle che aveva parlato di «sconfitta per il calcio». Finendo per filosofeggiare: «La vita è piena di ingiustizie, noi dobbiamo essere più forti».

Le ingiustizie, Vincenzino, le ha vissute sulla propria pelle. L’Aeroplanino, prima di poter decollare, ha dovuto volare basso. «Oggi mi sento unprivilegiato, ma non mi dimentico delle difficoltà di quando ero piccolo», ricorda, cresciuto in una famiglia modesta della provincia napoletana. Quattro fratelli, papà operaio e mamma casalinga. A loro è rimasto legatissimo, come alla sua terra, anche se l’ha dovuta abbandonare a soli 13 anni per inseguire il sogno di diventare calciatore. Ad Empoli. Dove esplose prestissimo, ma dove ritrovò pure quelle dannate ingiustizie: a nemmeno vent’anni, la frattura del perone con lesione ai legamenti, subito dopo un’infiammazione al cuore. Un anno e mezzo fuori dai campi, un’eternità. Eppure, Montella si rialzò, più forte di prima. Perché, spiega chi lo conosce, è una persona sensibile, delicata, ma anche matura e giudiziosa. E determinata: quando si mette in testa un obiettivo, è molto probabile che alla fine lo raggiunga.

L’obiettivo ora è conquistare la Champions con la Fiorentina, traguardo sfumato all’ultimo la scorsa stagione, tra mille polemiche. Mala sua idea di calcio ha già colto nel segno: possesso palla, gioco palla a terra, combinazioni e fraseggi. SeConte è il Mourinho della penisola, lui è un Guardiola all’italiana. Stravede per i giocatori dai piedi buoni, forse perché lo è stato anche lui. E chissà se si rivede anche in Mario Gomez, che oggi torna titolare dopo quasi sei mesi. Il grande ex, Matri, si siederà in panchina, esattamente come Osvaldo, che nel 2008 firmò l’ultimo successo della Fiorentina a Torino.

Dopo un matrimonio finito in pezzi, Montella ha ricostruito una famiglia con la showgirl Rachele Di Fiore. Adora il sushi e la buona cucina, qualche volta va a teatro, è grande fan di Salemme, tanto da essere apparso in una scena del film “Volesse il cielo!”. Volesse il cielo, questo sussurra Montella. E con lui, tutta Firenze.

LIBERO