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Luca Toni e i ritorni del cuore

Certi amori non finiscono. Secondo il filosofo alla vaccinara Antonello Venditti, fanno dei giri immensi ma poi ritornano. Così, dopo essere passato per Monaco, Roma, Genova, Torino e Dubai, rieccolo …

Redazione VN

Certi amori non finiscono. Secondo il filosofo alla vaccinara Antonello Venditti, fanno dei giri immensi ma poi ritornano. Così, dopo essere passato per Monaco, Roma, Genova, Torino e Dubai, rieccolo qui, con la voglia di riscatenare «toni e furmini» sotto la torre di Maratona e bagnare d’emozioni i nostalgici cuori viola.

Lucatoni tuttattaccato oramai non è più un nome e cognome ma un complemento oggetto a indicare una suggestione. Così come marcorossi rappresenta l’idea di tradimento alla causa e stenogola il prototipo del centrocampista bradipo, lui identifica l’ipotesi del centravanti boa. Quello che fa a sportellate con l’intera difesa avversaria per poi farla saltare in aria con un gol. Un Pietro Micca in pantaloncini corti e parastinchi.

Così come il prete di Goffredo Parise, anche Lucatoni potrebbe ispirare un romanzo: «Il centravanti bello». Ovvero: la storia di un attaccante avversato dal suo aspetto. Successe a Firenzuola, stagione ’97-’98, quando il mago del calcio-melatonina Alberto Cavasin, per giustificargli l’esclusione a scapito di Millesi, sentenziò profetico: «Tu sei troppo bello per giocare al calcio». Forse anche per rivalsa, la sua idea di football non ha mai incarnato la Grazia, piuttosto la Forza. Un centravanti metallurgico, sgraziato ma efficace come un altoforno, produttore di reti in serie e per questo legittimato, lui sì, a scriversi sulla maglia «31 sul campo». I gol che nel 2006 gli valsero la «Scarpa d’oro». Un inchino.

Certo, come tutti gli amori anche quello di Lucatoni con Firenze ha avuto momenti di crisi. L’addio tedesco per monetizzare il talento, e poi l’approdo in giallorosso e bianconero visti da qui sono state ferite. Ma la voglia genuina di ritorno sull’Arno; l’impegno in allenamento come nemmeno un primavera; quel suo sorriso largo come piazzale Michelangelo, che sta di nuovo illuminando lo spogliatoio viola, lo hanno ricollocato nell’affetto della gente. E’ stata poi la vita, con i suoi dolori enormi e incomprensibili, ad avvicinarlo ancor di più al cuore di Firenze. Città che, come già aveva capito Prandelli, in questo sa essere vicina come poche altre.

Per questo oggi se la rete del «Franchi» si gonfierà per un suo gol, e lui sarà lì a ruotarsi la mano attorno all’orecchio, in qualche modo sarà festa doppia. Certe emozioni non finiscono. Se poi fanno giri immensi, quando ritornano sono ancora più forti.

La Nazione